La recente sentenza emessa dalla Corte
Costituzionale n. 6 del 23
gennaio 2013 afferma i seguenti principi:
la regolazione delle distanze
tra i fabbricati deve essere inquadrata nella materia
«ordinamento civile», di competenzalegislativa esclusiva dello Stato (cfr.
sentenze n. 114 del 2012, n. 173 del 2011, n. 232 del 2005).
Tale disciplina attiene in via
primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi e ha la sua collocazione innanzitutto nel
codice civile.
La regolazione delle distanze,
disciplinata d.m. n. 1444 del 1968, esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche
interessi pubblici» (sentenza n. 232 del 2005), la cui cura è stata affidata alle Regioni, in base alla
competenza concorrente in materia di «governo del territorio», ex art. 117, terzo comma, Cost.
Alla luce del ragione esposto la Corte elabora le seguenti conclusioni
:
la disciplina delle distanze
minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civil Ie, quindi, attiene alla competenza
legislativa statale;
alle Regioni è consentito
fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la
deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio;
le norme regionali che,
disciplinando le distanze tra edifici, esulino da tali finalità, ricadono illegittimamente nella materia
«ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Il punto di equilibrio tra la competenza legislativa
statale in materia di «ordinamento civile» e quella regionale in materia di
«governo del territorio», è da ricercarsi , secondo la Corte «nel caso di gruppi di edifici che formino
oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».
Dal punto di vista privatistico il
regime delle vedute ed in particolare la riservatezza ne esce rafforzata. Gli standard urbanistici
da un lato, e l’accettazione inconsapevole di un regolamento condominiale da parte dei condomini
sono tutti elementi che contrastano e rendono difficile il raggiungimento di esigenze di vita
basate sulla discrezione e riservatezza. Proprio i limiti previsti al diritto di proprietà immobiliare in
relazione alle distanze e vedute hanno la peculiarità di regolare la pacifica coesistenza tra le
proprietà contigue al fine di salvaguardare la riservatezza e limitare la curiosità altrui. I nuovi strumenti urbanistici,
introdotti dal Legislatore per realizzare una edilizia più “elastica”, hanno riproposto il
problema dei vincoli pubblicistici in materia di distanza tra edifici ed il relativo
contemperamento degli interessi contrapposti. In seguito all’aumento della percentuale di edificabilità sul
nostro territorio, i vincoli imposti dalla legislatore andrebbero letti in funzione di una più concreta
tutela del diritto di privacy del frontista, assicurata dal concreto rispetto delle norme che regolano le
distanze legali degli immobili, prevedendo soprattutto una tutela rafforzata per tutti i centri
abitati ad alta intensità urbanistica. Questa sentenza, mira ad identificare un punto preciso di
equilibrio.
A cura di Agire - Agenzia
Giornalistica Real Estate
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