giovedì 14 febbraio 2013

Le regioni non possono derogare in via generale le distanze previste dal d.m. 1444 del 1968


La recente sentenza emessa dalla Corte Costituzionale n. 6 del 23
gennaio 2013 afferma i seguenti principi:
la regolazione delle distanze tra i fabbricati deve essere inquadrata nella materia «ordinamento civile», di competenzalegislativa esclusiva dello Stato (cfr. sentenze n. 114 del 2012, n. 173 del 2011, n. 232 del 2005). 
Tale disciplina attiene in via primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi e ha la sua collocazione innanzitutto nel codice civile.
La regolazione delle distanze, disciplinata d.m. n. 1444 del 1968, esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche interessi pubblici» (sentenza n. 232 del 2005), la cui cura è stata affidata alle Regioni, in base alla competenza concorrente in materia di «governo del territorio», ex art. 117, terzo comma, Cost.
Alla luce del ragione esposto la Corte elabora le seguenti conclusioni :
la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civil Ie, quindi, attiene alla competenza legislativa statale;
alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio;
le norme regionali che, disciplinando le distanze tra edifici, esulino da tali finalità, ricadono illegittimamente nella materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Il punto di equilibrio tra la competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile» e quella regionale in materia di «governo del territorio», è da ricercarsi , secondo la Corte «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».
Dal punto di vista privatistico il regime delle vedute ed in particolare la riservatezza ne esce rafforzata. Gli standard urbanistici da un lato, e l’accettazione inconsapevole di un regolamento condominiale da parte dei condomini sono tutti elementi che contrastano e rendono difficile il raggiungimento di esigenze di vita basate sulla discrezione e riservatezza. Proprio i limiti previsti al diritto di proprietà immobiliare in relazione alle distanze e vedute hanno la peculiarità di regolare la pacifica coesistenza tra le proprietà contigue al fine di salvaguardare la riservatezza e limitare la curiosità altrui. I nuovi strumenti urbanistici, introdotti dal Legislatore per realizzare una edilizia più “elastica”, hanno riproposto il problema dei vincoli pubblicistici in materia di distanza tra edifici ed il relativo contemperamento degli interessi contrapposti. In seguito all’aumento della percentuale di edificabilità sul nostro territorio, i vincoli imposti dalla legislatore andrebbero letti in funzione di una più concreta tutela del diritto di privacy del frontista, assicurata dal concreto rispetto delle norme che regolano le distanze legali degli immobili, prevedendo soprattutto una tutela rafforzata per tutti i centri abitati ad alta intensità urbanistica. Questa sentenza, mira ad identificare un punto preciso di equilibrio.

A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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