giovedì 28 febbraio 2013

NUOVI STANDARD PER EFFICIENZA ENERGETICA E CERTIFICATORI


È stato approvato il 15 febbraio u.s. il D.P.R. sui “requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi a cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l'ispezione
degli impianti di climatizzazione”.
Scopo principale è assicurare l’alta specializzazione del personale addetto alla certificazione energetica, oltreché l’indipendenza e l’imparzialità del ruolo di tecnico rispetto alle fasi di progettazione dell’immobile e nei riguardi dei produttori di materiali o impianti; lo stesso tecnico è tenuto anche a sottoscrivere un documento che ne attesti l’assoluta mancanza di coinvolgimento precedente. Il D.P.R. specifica che il certificatore può identificarsi con i tecnici professionisti che operano nel settore dell'impiantistica e dell'edilizia (architetti, ingegneri, geometri, periti industriali), con gli enti pubblici e con gli organismi operanti in ambito energetico ed edilizio che occupano nel loro organico un tecnico o un gruppo di tecnici abilitati, con tutti gli organismi (sia pubblici che privati) specializzati nelle attività di ispezione nei campi dell’ingegneria civile, delle costruzioni edili, dell’impiantistica e, infine, con le ESCO (società per i servizi energetici.
Il certificatore deve essere abilitato, iscritto all’albo professionale di riferimento e sempre aggiornato, anche attraverso specifici corsi di formazione per la certificazione energetica degli edifici (almeno 64 ore), autorizzati dal Ministero dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture, dell’Ambiente, con relativo superamento dell’esame finale (Allegato I del D.P.R.). Infine, il D.P.R. all’art. 4 precisa che l'attestato di certificazione energetica (ACE) assume valenza di atto pubblico, con responsabilità diretta del tecnico abilitato che lo sottoscrive. Sono previsti semplificazioni anche per il rinnovo dell’attestato di certificazione energetica, lì dove già presente.

tratto da anaci notizie italia

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mercoledì 27 febbraio 2013

NUOVO D.P.R. SUGLI IMPIANTI TERMICI

Approvato in data 15 febbraio u.s. il D.P.R. che attua in via definitiva la Direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico. In particolare, vengono stabilite norme e tempistiche per l’esercizio, il controllo, l’ispezione e la manutenzione degli impianti termici per la climatizzazione invernale, il raffrescamento estivo e la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari. Vengono anche fissati i requisiti delle figure e degli organismi che possono occuparsi delle ispezioni, i limiti per i valori delle temperature ambiente valori massimi della media ponderata sia in inverno che in estate), gli obblighi per l’amministratore di condominio e per il proprietario unico.
I controlli vanno effettuati da personale (o ditte) specializzate e riconosciute ai sensi del DM 37/2008 e secondo le istruzioni del produttore l’impianto. Questi controlli hanno tempistiche variabili sulla base della tipologia e della potenza dell’impianto e con il nuovo D.P.R. risultano meno severi.
Vi è anche una specifica sulle ispezioni, volte a garantire l’efficienza energetica degli impianti e il lodo corretto dimensionamento e le operazioni devono essere eseguite da soggetti autorizzati, necessariamente diversi da quelli coinvolti nella progettazione, installazione e manutenzione degli impianti termici, al fine di rispettare l’assoluta indipendenza e imparzialità nell’attività ispettiva.
Infine, il D.P.R. stabilisce anche gli obblighi per l’amministratore di condominio e per il proprietario unico di più unità immobiliari. Entrambi dovranno esporre una tabella che riporti l’indicazione del periodo di accensione e orario di attivazione giornaliera, le generalità e il recapito del responsabile dell'impianto e il codice dell'impianto assegnato dal Catasto territoriale degli impianti termici istituito dalla Regione o Provincia autonoma.

tratto da anaci notizie italia

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martedì 26 febbraio 2013

Decoro architettonico:legittime le disposizioni del regolamento contrattuale che vietano qualunque alterazione


Con sentenza 24 gennaio 2013, n. 1748 la Cassazione Civile ha riconfermato il principio secondo cui devono considerarsi legittime le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale che vietano gli interventi modificativi della struttura dell’edificio
I fatti. Nel caso in esame, i proprietari “pro indiviso” di una unità immobiliare facente parte di un complesso edilizio realizzato da una cooperativa, citavano in giudizio il proprietario di una costruzione edilizia limitrofa, il quale aveva edificato parte del proprio giardino in aderenza all’immobile appartenente agli attori, sostenendo la violazione dell’art. 1120 cod. civ., della normativa di cui al r.d. n. 1165 del 1938, nonché del regolamento condominiale.
Il Tribunale di Bari accoglieva la domanda attorea, condannando il convenuto alla demolizione dell’edificazione, oltre alle spese di lite. La Corte d’Appello riformava la decisione impugnata ritenendo non applicabile alla fattispecie in analisi la normativa di cui al r.d. n. 1165/1938, e non riconoscendo una violazione del decoro architettonico né in relazione all’art. 1120 cod. civ., né con riferimento al regolamento contrattuale dal momento in cui erano già presenti ulteriori opere modificative dell’estetica del complesso residenziale, ed in ogni caso quelle oggetto di controversia ben si inserivano nello stesso.
La decisione. La Suprema Corte, con sentenza n. 1748/2013, ha rilevato che, in ambito condominiale, il principio di autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni idonee a limitare i diritti deicondomini sia in relazione “alle parti comuni, sia con riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà”. Occorre precisare che trattandosi di materia attinente alla compressione di facoltà normalmente connesse alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze (Cass. Civ., 20 luglio 2009, n. 16832). Per le suddette motivazioni la Cassazione, nel caso in analisi, ha ritenuto che le norme di un regolamento contrattuale legittimamente possono integrare o derogare alla disciplina legale, attribuendo al concetto di decoro architettonico “una definizione più rigorosa di quella accolta dall’articolo 1120 cod. civ.”. Così disponendo, gli Ermellini hanno cassato la sentenza impugnata relativamente al secondo motivo accolto.
I precedenti.In senso conforme si era pronunciata la medesima Corte, con sentenza 6 ottobre 1999, n.11121, precisando che il “divieto di immutazione” può essere esteso sino ad imporre la conservazione degli elementi riguardanti la simmetria, l’estetica e l’aspetto generale dell’edificio. 
Daniela Sibilio
Fonte Agire – Agenzia Giornalistica Real Estate

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lunedì 25 febbraio 2013

Censimento dell’amianto in lombardia entro il 31 gennaio p.v.

Per compiere il "Censimento Amianto", i cittadini (proprietari, amministratori condominiali, rappresentanti legali, ecc.), responsabili di strutture o luoghi di proprietà privata (edifici, box auto, capannoni, condomini, aziende agricole, ecc.) in presenza di materiale o manufatti di amianto o che contengano amianto, sono tenuti a notificarne la presenza alle ASL entro il 31 gennaio p.v. Questo quanto previsto dalla L.R. 17/2003 della regione Lombardia, con la quale è stato avviato il censimento di tutte le fonti di amianto; per darne comunicazione, bisogna utilizzare l’apposito modulo NA/1 scaricabile dal sitinternet istituzionale e da rigirare alla ASL di competenza. Ricordiamo che con la L.R. 14 del 31.07.2012, la regione ha introdotto la sanzione amministrativa da € 100 a € 1.500 per i soggetti proprietari pubblici e privati che non effettuano il censimento; tali sanzioni saranno operative dai primi di febbraio.
Nei casi in cui trattasi di coperture in cemento amianto (eternit), è possibile compilare un documento tecnico che certifichi lo stato di conservazione del materiale e, ove presenti uno stato di degrado tale da creare una situazione di rischio, approntare interventi di monitoraggio e/o bonifica a carico dello stesso proprietario. Nello specifico, la bonifica può essere di diverso tipo:
rimozione: l’amianto viene asportato;
incapsulamento: l’amianto viene trattato con prodotti penetranti e ricoprenti che ne impediscono la dispersione delle fibre;
confinamento: l’amianto viene separato dai locali abitativi attraverso la creazione di barriere a tenuta (tipo controsoffittature, ecc.).
Suggeriamo che l’amianto è riscontrabile sottoforma di:
amianto detto “friabile” (es.: coibentazioni di impianti di riscaldamento, guarnizioni di caldaie, isolamenti termici, ecc.), che si può ridurre in polvere con la semplice pressione delle mani ed è il più pericoloso;
amianto “compatto” (es.: coperture in cemento-amianto, canne fumarie, ecc.), che può essere sbriciolato o ridotto in polvere solo con l’ausilio di attrezzi meccanici.
Angelo Pesce
A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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venerdì 22 febbraio 2013

DUBBIA LEGITTIMITA’ DELLE COMMISSIONI BANCARIE E DELL’IMPOSTA DI BOLLO SUI C.C. CONDOMINIALI OBBLIGATORI


Sono circa un milione i condomini italiani che pagano commissioni bancarie e imposte di bollo sui conti correnti bancari condominiali di dubbia legittimità.
ANACI ha chiesto, proprio in questi giorni, all’Associazione Bancaria Italiana di aprire un tavolo di confronto su questo problema che incide sui diritti e sugli interessi economici di milioni di cittadini che vivono in condominio.
I nostri associati” ha dichiarato Pietro Membri, presidente nazionale di ANACI “hanno riscontrato che numerosi istituti bancari, disconoscendo la qualificazione di “consumatore” al condominio (soggetto integralmente equiparato alla persona fisica da uniforme e costante giurisprudenza di legittimità e di merito) e considerandolo alla stregua di un soggetto "professionista", applicano allo stesso importi per commissioni sugli «sconfinamenti» di conto corrente assai maggiori oppure addirittura non dovuti e ciò in violazione del comma 6 dell’art. 4 del decreto del CICR n. 644 del 30 giugno 2012 che prevede un trattamento di maggiore tutela nei confronti dei soggetti qualificabili "consumatori"Con questo abile accorgimento” prosegue il Presidente Membri “il sistema bancario percepisce somme non dovute o comunque importi assai maggioriMa c’è di più. Il disconoscimento della qualificazione del condominio come “consumatore” coinvolge anche l’amministrazione finanziaria posto che l'articolo 19 del d.l. n. 201/2011 prevede un importo, a titolo di imposta di bollo sui conti correnti che ammonta ad € 34,20 se il cliente è persona fisica (e quindi “condominio”) e ad € 100,00 se il cliente è diverso dalla persona fisica”.
Si tratta di una situazione a cui occorre porre immediatamente rimedio” ha affermato ancora il presidente ANACI “soprattutto nella grave condizione economica delle famiglie rilevata recentemente dall’Istat secondo cui le spese per l'abitazione nel 2012 sono aumentate del 7,1 evidenziando che nella progressiva diminuzione delle voci di spesa che caratterizzano i consumi delle famiglie, l'unica di queste che ha subito aumenti è stata quella dell'abitazione”.
Su questo tema così importante per la collettività l’ANACI ha chiesto, pertanto, all’Associazione Bancaria Italiana di avviare un tavolo di confronto per trovare soluzioni immediate a questo delicato problema in attesa di coinvolgere sul tema anche l’Amministrazione finanziaria.

articolo del 21/02/2013 di Anaci

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Efficienza energetica degli edifici e ruolo dell'amministratore di condominio


La finalità di migliorare l'efficienza energetica degli immobili è prerogativa delle legislazioni internazionali, che si sono prodigate a emanare provvedimenti e leggi proprio per favorire un uso più efficiente dell'energia e la diffusione di nuove tecnologie "green".
Tra le novità introdotte in Italia nel Decreto 22 novembre 2012, Modifica del decreto 26 giugno 2009, recante: “Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici”, si inserisce un nuovo onere a carico degli amministratori di condominio: “…è fatto obbligo agli amministratori degli stabili e ai responsabili degli impianti di fornire ai condomini o ai certificatori, da questi incaricati, tutte le informazioni e i dati edilizi e impiantistici, compreso il libretto di impianto (o di centrale) per la climatizzazione, necessari alla realizzazione della certificazione energetica degli edifici".
Detto ciò, si può facilmente desumere quanto risultino importanti oggi, le competenze tecniche in ambito impiantistico ed energetico nello svolgimento della professione di amministratore di condominio che, di fatto, si pone come intermediario fra il cittadino e il campo dell'energia e dell’efficientamento dell’immobile. Sono infatti gli amministratori di condominio quei soggetti tenuti a valutare e a proporre ai condomini amministrati, le soluzioni più efficaci per ridurre i consumi di energia nelle abitazioni e i costi ad essi correlati. 
Relativamente al riscaldamento/raffrescamento di un immobile, ad esempio, in base alla Direttiva 2012/27/UE del 25 ottobre 2012, i condomini riforniti da una fonte di riscaldamento/raffrescamento centralizzato (o serviti da una rete di teleriscaldamento), hanno l’obbligo di installare contatori individuali per misurare il consumo di ogni singola unità abitativa.
Su tale tematica si incentrerà, il prossimo 11-13 aprile a Padova Fiere, il Proenergy+, una
manifestazione che approfondirà le tematiche della corretta progettazione di sistemi e impianti di energie rinnovabili per la sostenibilità energetica degli edifici; appuntamento che si rivolge non solo agli addetti al settore (progettisti, architetti, installatori, costruttori edili, serramentisti, certificatori energetici, energy manager, impiantisti), ma anche agli enti pubblici e ai singoli privati, intesi come committenti ed anche agli amministratori di condominio.

Angelo Pesce A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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giovedì 21 febbraio 2013

CIRCOLARE INFORMATIVA OBBLIGHI REGIONALI DEGLI IMPIANTI DI RISCALDAMENTO CONDOMINIALI- CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE DGR N. IXl3855 DEL 25 LUGLIO 2012


Con la Delibera della Giunta regionale n. IXI3855 del 25 luglio 2012, la Regione Lombardia ha disposto di posticipare l'obbligo di dotazione dei sistemi di  termoregolazione e di contabilizzazione del calore al 1° agosto 2013 per tutti gli impianti di riscaldamento centralizzato con potenza termica superiore ai 350 kWe installati prima del agosto 1997. Riepiloghiamo quindi brevemente le scadenze fissate per ogni tipologia d'impianti:
Scadenza agosto 2013:
1) Impianti termici con potenza superiore ai 350 kWed installati prima del 01/08/19972) Impianti termici con potenza maggiore o uguale a 116,4 kWe installati prima del 01/08/1998; 
Scadenza agosto 2014:
1) Impianti termici di qualsiasi potenza termica superiore ai 35 kWed installati dopo il 01/08/1997;
2) Impianti termici per i quali il cambio di combustibile sia awenuto dopo il 01/08/19973) Impianti termici che sono stati collegati a reti di teleriscaldamento dopo il 01/08/1997;
4) Nuovi Impianti energeticamente efficienti;
5) Tutti gli altri impianti che non rientrano tra quelli finora elencati.
Con le nuove direttive introdotte dal recente decreto n. 83 del 22/06/2012, le spese d'intervento per la contabilizzazione delle valvole termostatiche e dei ripartitori di calore rientrano sino al 30/06/2013 nelle detrazioni del 50%.
Ricordiamo, infine, che questa tipologia d'interventi se abbinati alla sostituzione delle caldaie esistenti con nuovi generatori a condensazione, permetterà di usufruire delle detrazioni del 55% sino al 30/06/2013.
Richiamiamo a tale proposito la Delibera della Giunta regionale n. IXI2601 che impone l'obbligo per tutti gli impianti di potenza superiore ai 116 kW di sostituire le caldaie con età superiore ai 15 anni.
Oltre ciò, un impianto di contabilizzazione del calore e termoregolazione, permetterà al condominio di abbattere i costi di riscaldamento fino al 20% consentendo un rapido ritorno del/'investimento effettuato. 

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mercoledì 20 febbraio 2013

CEDOLARE SECCA: Si cambia regime solo con la revoca


Pubblichiamo la nota dell'agenzia delle Entrate del 14 febbraio, su «Cedolare secca - Opzione esercitata in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi - contratti in corso alla data del 7 aprile 2011» firmata da Paolo Savini, direttore centrale «Servizi ai contribuenti» «Il Sole 24 Ore» in un articolo pubblicato in data odierna (ieri 13 febbraio, ndr) ha segnalato che alcuni Uffici territoriali chiedono ai contribuenti che hanno optato per la cedolare secca in sede di dichiarazione dei redditi (modello Unico 2012) di presentare il modello 69 per confermare la scelta effettuata per il residuo periodo di durata del contratto. Al riguardo si fa presente che in data 5 luglio 2012 lo stesso organo di stampa aveva pubblicato i testi delle risposte fornite dall'agenzia delle Entrate ai quesiti formulati dai lettori in materia di cedolare secca. Uno dei quesiti riguardava i contratti in corso alla data del 7 aprile 2011 per i quali l'opzione poteva essere esercitata in sede di dichiarazione dei redditi.
Si riporta di seguito il testo della risposta all'anzidetto quesito: «La circolare n. 20 del 4 giugno 2012, al punto 4, con riferimento ai contratti di locazione in corso al 7 aprile 2011 e già registrati a tale data, per i quali l'opzione per l'applicazione della cedolare secca viene esercitata in sede di dichiarazione dei redditi 2012 per il periodo d'imposta 2011, ha ribadito il principio espresso nei punti 2.1 e 2.2 del provvedimento del direttore dell'agenzia delle Entrate del 7 aprile 2011, secondo il quale l'opzione per la cedolare secca vincola il locatore all'applicazione della cedolare secca per l'intero periodo di durata del contratto o della proroga ovvero per il residuo periodo di durata del contratto, nel caso di opzione esercitata nelle annualità successive alla prima, salva la facoltà di revocare l'opzione in ciascuna annualità contrattuale successiva a quella in cui l'opzione è stata esercitata.
La stessa circolare ha poi precisato che la stessa comunicazione inviata al conduttore in sede di opzione per il 2011 esplica i suoi effetti per tutta la residua durata del contratto, ovvero fino a revoca, e non deve essere nuovamente comunicata al conduttore. La ribadita vincolatività della opzione espressa in sede di dichiarazione non viene meno, in mancanza di revoca espressa, ove non confermata per le annualità successive in sede di modello 69.
Ciò premesso si invitano codeste direzioni a fornire alle direzioni provinciali e agli uffici dipendenti, istruzioni conformi all'indirizzo espresso nella circolare n. 20/E del 4 giugno 2012, ribadito nella citata risposta pubblicata sul «Sole 24 Ore».
La denuncia Sul Sole 24 Ore di ieri la segnalazione del fatto che gli uffici periferici dell'agenzia delle Entrate chiedono il rinnovo dell'opzione per i contratti stipulati da chi ha scelto la cedolare secca. Con l'obbligo, quindi, di nuova presentazione del modello 69 e contraddicendo le indicazioni diffuse nel corso del 2012 .

tratto da il sole 24 ore

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Negato l’Acquisto per usucapione della proprietà esclusiva del lastrico solare

Il Tribunale di Milano, IV sezione civile, con sentenza 12 dicembre 2012, n. 13879, ha affrontato la problematica riguardante la possibilità di acquistare per usucapione la proprietà esclusiva di un lastrico solare di copertura di un immobile appartenente a terzi.
Il fatto. In particolare sullo stesso, oggetto della controversia, insisteva una veranda abusiva successivamente demolita dalla parte convenuta. Gli attori, in qualità di proprietari dell’edificio adiacente, richiedevano l’accertamento dell’acquisto per usucapione del lastrico solare, l’acquisto per accessione della veranda fabbricata sullo stesso, oltre a domanda di risarcimento danno derivante dal deprezzamento commerciale del bene in proprietà della parte attrice conseguente alla illegittima occupazione della superficie ed alla costruzione del manufatto abusivo.
La decisione. Il Giudice di merito, ricordando la funzione del lastrico solare - quale quella di copertura dell’immobile sottostante - ha ritenuto che l’acquisto per usucapione della sua proprietà esclusiva non sia configurabile proprio per una incompatibilità con la funzione suddetta. Conseguentemente, sarebbe rivendicabile dal terzo unicamente il possesso di uno ius in re alienae precisamente “il diritto di mantenere la proprietà della cosa edificata al di sopra e di edificare sull’area senza che operi il diritto di accessione”. Si ritiene, difatti, imprescindibile il compossesso del proprietario dell’edificio sottostante che in nessun caso può essere sacrificato da una sentenza che accerti l’intervenuta usucapione del diritto di proprietà.
È importante precisare che il diritto di superficie, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, si considera compatibile, come si desume dall’articolo 1126 cod. civ. in tema di lastrici solari ad uso esclusivo, con la funzione di copertura del fabbricato alla quale ordinariamente tali superfici assolvono (Cass. civ., nn. 926/1997 e 3236/1984).
Nel caso di specie, il Giudice specifica che, relativamente alla veranda, l’acquisto per usucapione non può riguardare un manufatto abusivo, pertanto incommerciabile, ma solo la porzione della superficie del lastrico solare sul quale tale manufatto insisteva anteriormente alla demolizione.
Per le suddette motivazioni, il Tribunale di Milano con sentenza n. 13879/2012 riconosce l’usucapione del diritto di superficie del lastrico solare, limitatamente alla sola porzione risultante dai documenti prodotti in causa.

Daniela Siblio  A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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martedì 19 febbraio 2013

Legge sulle professioni non regolamentate: l’Anaci anticipa i tempi


La Legge n. 4 del 14 gennaio 2013, contenente “Disposizioni in materia di professioni non organizzate”, entrerà in vigore ufficialmente il 10 febbraio p.v. 
L’Italia, con questa nuova normativa, ha adeguato la propria legislazione ai notevoli mutamenti, registratisi negli ultimi decenni, nel modo delle professioni nonché agli stimoli giunti in tal senso dall’Unione Europea. 
Il parterre di professionisti interessati dalla riforma è molto ampio, le prime stime parlano di un numero che si aggira sui 3 milioni, inglobando circa 150 categorie professionali tra cui gli amministratori condominialigià interessati, per quanto concerne gli obblighi formativi, dalla precedente Legge n. 220/2012 di riforma del condominio. L’obiettivo della normativa si rinviene essenzialmente nella volontà di ottimizzare i servizi offerti ai consumatori per mezzo di una sempre maggiore qualificazione delle prestazioni professionali.
La lungimiranza dell’Associazione ANACI. I numerosi progetti realizzati, nel corso degli ultimi anni, dall’ANACI le hanno consentito non soltanto di affermarsi nel contesto nazionale quale associazione rappresentativa di amministratori contraddistinti per “serietà, esperienza ed elevata professionalità”, ma soprattutto di non farsi cogliere impreparata dalle numerose e recenti sfide lanciate dal nostro Legislatore, volte essenzialmente alla riqualificazione della figura di amministratore condominiale. Tale associazione ha difatti, sin dal principio, intrapreso la strada della qualità ottenendo, tra le altre, la certificazione della Sede Nazionale -conformemente alla normativa UNI EN ISO 9001:2008- nonché ideando e concretizzando, nel 2008, il “Progetto Qualità” (c.d. APQ) -consistente in un peculiare percorso finalizzato alla certificazione dei suoi professionisti in ossequio alla normativa UNI 10801:1998-, tutto questo nella prospettiva di un futuro coinvolgimento delle altre sedi locali dislocate sul territorio nazionale e del raggiungimento della massima professionalizzazione degli amministratori di condominio.
L’ANACI, pertanto, ha dimostrato di possedere ad oggi tutti i requisiti richiesti dalla Riforma delle professioni non regolamentate confermandosi, laddove fosse ancora necessario, quale associazione all’avanguardia nonché fondamentale punto di riferimento per la categoria. 

A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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Tutore del condominio interdetto delega un rappresentante in assemblea: solo il delegante può contestare i vizi


Nell’eventualità in cui il tutore di un condomino interdetto deleghi un rappresentante affinché intervenga in assemblea, unicamente il delegante e non un altro condomino può far valere i vizi della delega.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con sentenza n. 2218/2013, depositata in data 30 gennaio. 
Nel caso esaminato un condomino conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Napoli, il condominio proponendo opposizione a tre delibere assembleari e deducendone la nullità a causa della partecipazione alle relative assemblee di una condomina dichiarata interdetta.
Con sentenza del 2001 il Tribunale accoglieva la domanda attorea ma la pronuncia veniva ribaltata in Appello.
Avverso la sentenza di secondo grado il condomino proponeva ricorso per cassazione, lamentando come la Corte Partenopea avesse ritenuto provata la valida partecipazione dell’interdetta sebbene dai verbali non risultasse il nome della tutrice, né che quest’ultima fosse stata rappresentata per delega nelle assemblee in cui erano state adottate le delibere successivamente impugnate.
La Cassazione, nella sentenza in commento, evidenzia come la Corte territoriale abbia fondato la propria decisione sulla circostanza che la partecipazione della condomina a mezzo del delegato dal tutore fosse emersa da una valutazione ponderata di taluni profili contenutistici dei medesimi verbali unitamente ad altri documenti, quali le tre deleghe rilasciate dalla tutrice alla persona che era poi effettivamente intervenuta alle assemblee in questione. A tal proposito si è ricordato il consolidato principio - espresso dalla Suprema Corte con sent. 3634/1979 - secondo cui “il potere rappresentativo conferito dal condominio ad altro soggetto per la partecipazione all'assemblea condominiale, qualora riguardi affari di ordinaria amministrazione, può essere attribuito anche verbalmente, e la prova dell'esistenza, dell'oggetto e dei limiti del mandato, può essere acquisita con ogni mezzo”.
In merito alla constatazione concernente la ipotizzata non autenticità della sottoscrizione del delegante e la dubbia datazione, gli Ermellini dichiarano che la stessa non poteva essere dedotta dal condomino poiché, in assenza di norme peculiari, i rapporti tra il rappresentante intervenuto in assemblea ed il condomino rappresentato debbono ritenersi disciplinati dalle regole sul mandato, con la conseguenza che esclusivamente il condomino delegante ovvero quello che si ritenga falsamente rappresentato sono legittimati a far valere i possibili vizi della delega o la carenza di potere di rappresentanza, e non anche gli altri condomini estranei al rapporto. Nello stesso senso si ricordano Cass. civ., nn. 8116/1999 e 12466/2004. 
Il ricorso in questione è stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione non essendo stata precisata la violazione di legge nella quale sarebbe incorsa la Corte territoriale e non essendo stata colta la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Daniela Sibilio A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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sabato 16 febbraio 2013

Gli avvocati potranno esercitare le professione di amministratore ?

Il Consiglio Nazionale Forense ha dato ulteriore mostra di modernità, oltre a quelle numerose alle quali ci siamo abituati negli ultimi tempi.
Così, in luogo di diffondere una banale circolare, ha risposto alle FAQ (Frequently Asked Questions, letteralmente le "domande poste frequentemente”) che non si sarebbe detto potere essere affluite numerose e pregnanti già nell’ultima decade di gennaio ed intorno all’applicazione della recentissima riforma forense.
Al punto 32 delle dette FAQ l’intervistato si è posto la seguente domanda:
l’esercizio della professione forense è compatibile con la professione di amministratore di condominio ?
Riportiamo la risposta, alla quale nessuno potrà negare il pregio della chiarezza:
R: No, in quanto costituisce altra attività di lavoro autonomo, svolta necessariamente in modo continuativo o professionale. Tale circostanza risulta confermata, altresì, dalla nuova disciplina in materia di professioni regolamentate (L. n. 4/2013) che conferisce dignità e professionalità alle categorie dei professionisti senz’albo. Sebbene non vengano meno i requisiti di autonomia ed indipendenza, che hanno sinora consentito di considerare compatibile l’attività di amministratore di condominio con l’esercizio della professione, la riforma ha innovato profondamente la disciplina vigente, escludendo che l’avvocato possa esercitare «qualsiasi attività di lavoro autonomo svolta continuamente o professionalmente», con eccezioni indicate in via tassativa - quali attività di carattere scientifico, letterario, artistico e culturale - ovvero con l’iscrizione nell’albo dei commercialisti ed esperti contabili, nell’elenco dei pubblicisti, nel registro dei revisori contabili o nell’albo dei consulenti del lavoro (ad. 18, comma primo lett. a).
Essendo noto a tutti quanto sia frequente che un avvocato accetti la nomina quale amministratore di condominio, appare davvero utile comunicare la presa di posizione dell’Ufficio del Consiglio Nazionale Forense, così come appare del tutto necessario ricordare che non è la prima volta che la questione si pone e che non sarebbe la prima volta neppure per rilevare che dopo iniziali perplessità l’esercizio della professione di amministratore sia stato ammesso anche per gli avvocati.
È opportuno quindi attendere gli indispensabili chiarimenti, che potranno pervenire ad una radicale rivisitazione del problema (non impensabile, ove si pensi che la riforma forense probabilmente aveva di vista altro genere di attività e non quella di amministratore), od anche essere di più limitato respiro, ad esempio consentendo l’accettazione di incarichi purché in numero molto esiguo.
Per certo, la risposta alla “domanda più frequente” è servita per verificare in concreto (attraverso l’enorme quantità di e.mail subito pervenute) quanto siano numerosi gli avvocati che accettano la nomina quale amministratore di condominio.
Il problema è grande, quindi, così come grande è la confusione che rischia di ingenerarsi.
Ovviamente, occorrerà attendere che siano emanati provvedimenti giurisdizionali e che le decisioni del giudice competente faccia chiarezza.
Intanto, appare opportuno evidenziare che la legge n.4, sulle professioni non organizzate in albi o collegi, sembra dovere incidere sul problema.
Roma – Sede Nazionale
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Si sottolinea che la legge 4/2013 è successiva ratione temporis rispetto alla Riforma forense e quindi in grado è di comportarne valida modifica.
La riforma forense reca il n. 247 del 31 dicembre 2012, mentre ora ci si occupa della legge posteriore, n. 4 del 2013.
La nuova normativa dispone:
“Ai professionisti di cui all'articolo 1, comma 2, anche se iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito l'esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale”.
Quindi, sarebbe consentito a chi possa dimostrare il possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale e quindi a chi siano iscritto all’albo degli Avvocati di diventare uno dei professionisti di cui all'articolo 1, comma 2, delle legge 4 del 2013.
La legge successiva, quindi, potrebbe rendere possibile quanto la legge approvata pochi giorni prima avrebbe vietato, secondo interpretazione peraltro tutta quanta da verificare.
Anche nel caso di specie insorge un ginepraio del quale nessuno può sentire il bisogno e che (ove non sia immediatamente dipanato) potrà lasciare quali vittime sul terreno non soltanto alcuni professionisti ma anche la certezza del diritto.
Eugenio Antonio Correale

Roma, 15 febbraio 2013


Furto dai ponteggi: esclusa la responsabilità del condominio in presenza della delibera condominiale sfavorevole all’allarme


Con sentenza 28 gennaio 2013, n. 1890, la Suprema Corte ha respinto il ricorso di un proprietario che conveniva in giudizio sia l’impresa appaltatrice di lavori condominiali che il condominio chiedendone la condanna al pagamento di L. 30.200.000 a titolo di risarcimento dei danni derivanti per furto consumato da persone introdottesi nell’abitazione avvalendosi dei ponteggi esterni collocati sulla facciata dell’immobile dall’impresa appaltatrice.
La possibilità di chiamare a rispondere, per il danno patito, non solo l’impresa realizzatrice dei ponteggi ma anche il condominio per un duplice titolo: “sia quale custode del fabbricato, ai sensi dell'art. 2051 c.c., sia per culpa in vigilando od in eligendo, allorché risulti che abbia omesso di sorvegliare l'operato dell'impresa appaltatrice, ovvero ne abbia scelta una manifestamente inadeguata per l'esecuzione dell'opera” era stata sottolineata, tra le altre, dalla terza sezione della Cassazione Civile con sentenza 17 marzo 2009, n. 6435.
In particolare, il condominio che non intenda subire una richiesta di danni per furti, in occasione dei lavori di ristrutturazione dello stabile, deve verificare che l’impresa esecutrice adotti tutte le precauzioni necessarie per evitare un uso anomalo delle impalcature. Inoltre, il condominio per scongiurare situazioni di pericolo e probabile danno deve adottare in proprio tutti gli accorgimenti indispensabili, come ad esempio installare un antifurto nell’impalcatura.
Nel caso in esame la domanda del ricorrente veniva accolta in primo grado dalla Pretura di Milano e successivamente riformata dalla Corte d’Appello.
In terzo grado, La Cassazione, in linea con il Tribunale di Milano, ha respinto definitivamente il ricorso precisando che non sussiste la prova della “pericolosità” del ponteggio, nonché il possesso, da parte dello stesso, di caratteristiche idonee a facilitare “l’intrusione di malintenzionati nell’appartamento dell’attore all’ottavo piano”. In sentenza si evidenzia, infine, come lo stesso ricorrente abbia partecipato ed aderito “espressamente alla delibera con la quale il condominio … malgrado la sollecitazione dell’impresa … decise di non installare l’impianto antifurto” a causa del suo costo considerevole, ed abbia omesso qualsiasi cautela atta a scongiurare o quantomeno a rendere difficoltosa l’opera di possibili ladri. Francesco Cisternino
a cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

venerdì 15 febbraio 2013

Filtri per interferenze lte. illegittima installazione gratis filtri antiinterferenze solo a chi in regola con canone RAI


Secondo l’Adiconsum sarebbe illegittimo prevedere l'installazione gratuita dei filtri per le antenne colpite da interferenze LTE solo a chi ha pagato il canone. Purtroppo a causa delle nuova tecnologia comunemente chiamata 4G che è stata già lanciata da alcune compagnie telefoniche per permettere di navigare in rete in maniera veloce, ci saranno delle interferenze sulle frequenze televisive impedendo o disturbando la visione dei canali trasmessi. L’unico modo per poter risolvere gli eventuali problemi di ricezione è installare dei filtri antiinterferenze sulle antenne. A tal proposito il Ministero per lo Sviluppo Economico ha attivato un sito www.helpinterferenze.it, utilizzando una Fondazione, per assistere solo gli utenti in regola con il pagamento del canone Rai. Secondo Giordano, Segretario Generale Adiconsum tale procedura rappresenta una grave un'iniquità in quanto “Il canone RAI, infatti, ha natura tributaria e non ha nulla a che vedere con la fornitura del servizio pubblico essenziale come è la televisione”. Inoltre lo stesso Giordano precisa che trattasi di “danno subito da un privato, per l’attività posta in essere da un altro privato (cioè colui che utilizza la tecnologia LTE). Nulla esclude dunque che il privato consumatore possa azionare delle cause civile volte ad ottenere un risarcimento del danno subito”.

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giovedì 14 febbraio 2013

Le regioni non possono derogare in via generale le distanze previste dal d.m. 1444 del 1968


La recente sentenza emessa dalla Corte Costituzionale n. 6 del 23
gennaio 2013 afferma i seguenti principi:
la regolazione delle distanze tra i fabbricati deve essere inquadrata nella materia «ordinamento civile», di competenzalegislativa esclusiva dello Stato (cfr. sentenze n. 114 del 2012, n. 173 del 2011, n. 232 del 2005). 
Tale disciplina attiene in via primaria e diretta ai rapporti tra proprietari di fondi finitimi e ha la sua collocazione innanzitutto nel codice civile.
La regolazione delle distanze, disciplinata d.m. n. 1444 del 1968, esorbita dai limiti propri dei rapporti interprivati e tocca anche interessi pubblici» (sentenza n. 232 del 2005), la cui cura è stata affidata alle Regioni, in base alla competenza concorrente in materia di «governo del territorio», ex art. 117, terzo comma, Cost.
Alla luce del ragione esposto la Corte elabora le seguenti conclusioni :
la disciplina delle distanze minime tra costruzioni rientra nella materia dell’ordinamento civil Ie, quindi, attiene alla competenza legislativa statale;
alle Regioni è consentito fissare limiti in deroga alle distanze minime stabilite nelle normative statali, solo a condizione che la deroga sia giustificata dall’esigenza di soddisfare interessi pubblici legati al governo del territorio;
le norme regionali che, disciplinando le distanze tra edifici, esulino da tali finalità, ricadono illegittimamente nella materia «ordinamento civile», riservata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Il punto di equilibrio tra la competenza legislativa statale in materia di «ordinamento civile» e quella regionale in materia di «governo del territorio», è da ricercarsi , secondo la Corte «nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche».
Dal punto di vista privatistico il regime delle vedute ed in particolare la riservatezza ne esce rafforzata. Gli standard urbanistici da un lato, e l’accettazione inconsapevole di un regolamento condominiale da parte dei condomini sono tutti elementi che contrastano e rendono difficile il raggiungimento di esigenze di vita basate sulla discrezione e riservatezza. Proprio i limiti previsti al diritto di proprietà immobiliare in relazione alle distanze e vedute hanno la peculiarità di regolare la pacifica coesistenza tra le proprietà contigue al fine di salvaguardare la riservatezza e limitare la curiosità altrui. I nuovi strumenti urbanistici, introdotti dal Legislatore per realizzare una edilizia più “elastica”, hanno riproposto il problema dei vincoli pubblicistici in materia di distanza tra edifici ed il relativo contemperamento degli interessi contrapposti. In seguito all’aumento della percentuale di edificabilità sul nostro territorio, i vincoli imposti dalla legislatore andrebbero letti in funzione di una più concreta tutela del diritto di privacy del frontista, assicurata dal concreto rispetto delle norme che regolano le distanze legali degli immobili, prevedendo soprattutto una tutela rafforzata per tutti i centri abitati ad alta intensità urbanistica. Questa sentenza, mira ad identificare un punto preciso di equilibrio.

A cura di Agire - Agenzia Giornalistica Real Estate

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VIDEOSORVEGLIANZA: Cassazione Civile, 03.01.2013, n. 71: La telecamera che per sicurezza riprende area condominiale non viola l'art. 615bis codice penale (interferenze illecite nella vita privata)


Non sussistono gli estremi atti ad integrare il delitto di interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis c.p.) nel caso in cui un soggetto effettui riprese dell'area condominiale destinata a parcheggio e del relativo ingresso, trattandosi di luoghi destinati all'uso di un numero indeterminato di persone e, pertanto, esclusi dalla tutela di cui all'art. 615 bis c.p., la quale concerne, sia che si tratti di "domicilio", di "privata dimora" o "appartenenze di essi", una particolare relazione del soggetto con l'ambiente in cui egli vive la sua vita privata, in modo da sottrarla ad ingerenze esterne indipendentemente dalla sua presenza.

A SEGUITO DELLA RIFORMA

Alcuni Tribunali avevano ritenuto che non rientrasse nei poteri dell'assemblea la delibera in materia di videosorveglianza. Ogni dubbio è stato risolto dalla "Riforma" del Condominio la quale all'articolo 1122 ter (Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni) ha previsto che: "Le deliberazioni concernenti l’installazione sulle parti comuni dell’edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall’assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell’articolo 1136" (maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio)


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mercoledì 13 febbraio 2013

SPESE CONDOMINIALI – RISCOSSIONE: Cassazione Civile, 12.11.2012, n. 19605: Non occorre la delibera assembleare per la costituzione in giudizio a seguito dell'opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell'art. 63 dacc.


Presidente Dott. Triola Roberto Michele, Relatore Dott. Migliucci Emilio
Il giudizio promosso in opposizione a decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo per la riscossione dei contributi condominiali, rientra, ai sensi dell'art. 1130 c.c., n. 3 e dell'art. 3 disp. att. cod. civ., nelle attribuzioni dell'amministratore il quale in tale ipotesi è legittimato ad agire (art. 1131 c.c., comma 1) senza che sia necessaria l'autorizzazione dell'assemblea che invece è richiesta quando la controversia esorbita dalle sue attribuzioni.


ALL'ANTENNA TV. A SEGUITO DELLA RIFORMA

La nuova formulazione dell'articolo 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile, in materia di mora nei pagamenti dei contributi condominiali, prevede, nei primi tre commi che: [I]. Per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall'assemblea, l'amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi.
[II]. I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l'escussione degli altri condomini.
[III]. In caso di mora nel pagamento dei contributi che si sia protratta per un semestre l'amministratore può sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato.

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martedì 12 febbraio 2013

SOPRAELEVAZIONE: Cassazione Civile, 30.11.2012, n. 21491: I tre limiti al diritto di sopraelevazione


Presidente Dott. Triola Roberto Michele, Relatore Dott. Matera Lina

L'art. 1127 c.c. sottopone il diritto di sopraelevazione del proprietario dell'ultimo piano dell'edificio a tre limiti, dei quali il primo (le condizioni statiche) costituisce un divieto assoluto, cui è possibile ovviare soltanto se, con il consenso di tutti i condomini, il proprietario sia autorizzato all'esecuzione delle opere di rafforzamento e di consolidamento necessarie a rendere idoneo l'edificio a sopportare il peso della nuova costruzione, mentre gli altri due (il pregiudizio delle linee architettoniche e la diminuzione di aria e di luce) presuppongono l'opposizione facoltativa dei singoli condomini interessati.

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SOPRAELEVAZIONE: Cassazione Civile, 30.11.2012, n. 21491: Il divieto di sopraelevazione in caso di pregiudizio delle condizioni statiche


Presidente Dott. Triola Roberto Michele, Relatore Dott. Matera Lina
L'art. 1127 c.c., comma 2 che prevede il divieto di pregiudicare le condizioni statiche ha carattere innovativo rispetto al corrispondente R.D.L. 15 gennaio 1934, n. 56, art. 12 ed inibisce al proprietario dell'ultimo piano di soprelevare se le condizioni statiche in atto dell'edificio siano sfavorevoli e se, pertanto, la soprelevazioni richieda opere di rafforzamento e di consolidamento delle strutture essenziali.
Le condizioni statiche dell'edificio, pertanto, rappresentano un ostacolo al sorgere ed all'esistenza stessa del diritto di soprelevazione e non già l'oggetto di verificazione e di consolidamento per il futuro esercizio di tale diritto.
Deve ulteriormente precisarsi che il limite delle condizioni statiche si sostanzia nel potenziale pericolo per la stabilità del fabbricato derivante dalla sopraelevazione. L'accertamento di tale pericolo costituisce oggetto di un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

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