giovedì 27 settembre 2012

Verso l’assemblea condominiale: cosa non sbagliare



L'assemblea è l'organo di autogoverno dei condomini e serve a disciplinare la gestione delle cose, degli impianti e dei servizi comuni. Rappresenta la suprema volontà dei
condomini, caratterizzata dall'essere comune e collegiale e quindi distinta e autonoma da quella dei singoli partecipanti.
L'assemblea funziona con il sistema della doppia maggioranza per la validità sia della costituzione sia delle singole deliberazioni: occorre quindi sempre raggiungere
contemporaneamente il numero richiesto per i millesimi e le "teste", cioè i singoli condomini partecipanti al condominio, oppure, per alcune delibere, dei presenti in
assemblea personalmente o per delega. Le decisioni dell'assemblea sono obbligatorie e vincolanti anche per coloro che hanno dissentito e per gli assenti.
Non vi è differenza tra l'assemblea ordinaria e quella straordinaria, se non per il fatto che la prima deve essere convocata obbligatoriamente ogni anno, su iniziativa dell'amministratore, per l'approvazione del rendiconto di gestione e delle spese preventive, nonché per la nomina dell'amministratore.
La seconda invece può essere convocata in ogni momento, a seconda delle necessità e
delle esigenze del condominio. Ai fini della validità delle deliberazioni, non esistono sostanziali differenze tra le competenze di questi due tipi di assemblee, tanto meno
nelle maggioranze per la legale costituzione e per le deliberazioni da assumere.
Tutti i condomini hanno diritto di partecipare all'assemblea e devono pertanto essere convocati, pena l'annullabilità delle delibere (art 1136, cod civ). L'onere della convocazione spetta all'amministratore, che deve premurarsi, con indagini suggerite dall'ordinaria
diligenza, di avvisare anche i condomini che abitualmente non vivono presso lo stabile condominiale.
Deve essere convocato il vero proprietario e non il condomino cosiddetto "apparente", colui cioè che si sia comportato come tale senza esserlo. In mancanza dell'amministratore, ciascun condomino può convocare l'assemblea. In ogni caso, almeno due condomini rappresentanti di un sesto del valore dell'edificio possono richiedere all'amministratore di
convocarla per discutere e deliberare su specifici argomenti da loro indicati (art 66 disp. att. cod. civ.). Se entro 10 giorni dalla richiesta l'amministratore non invia
l'avviso di convocazione, i condomini possono procedere direttamente a convocarla.
Non sono previste particolari modalità per l'invio della comunicazione, che può avvenire con ogni mezzo idoneo al raggiungimento dello scopo, restando comunque a carico di chi convoca la riunione l'onere di dimostrare la conoscenza da parte del condomino della riunione e quindi che sia stato messo in condizioni di parteciparvi (Cass. n. 5254/11). È preferibile l'invio a mezzo raccomandata ordinaria o la consegna a mano: l'importante è avere una prova di avvenuta convocazione di tutti.
L'avviso deve indicare il luogo, la data e l'ora in cui si terrà l'assemblea, sia in prima convocazione sia in seconda, da tenersi quest'ultima in un giorno differente da quello della
prima e non oltre 10 giorni.
È necessario che l'assemblea si tenga in un posto facilmente raggiungibile dai condomini e in grado di contenerli comodamente. L'avviso è comunicato almeno 5 giorni prima della data fissata per la riunione (art 66 disp att cod civ), ma il regolamento di condominio può comunque prevedere un termine maggiore. Deve contenere l'ordine del giorno, cioè
l'elencazione specifica, sia pure in modo non analitico e minuzioso, degli argomenti che verranno discussi, elencati nei termini essenziali in modo tale da consentire a ciascun
condomino di comprenderne esattamente il tenore e l'importanza (Cass. n. 21449/10). L'assemblea non può deliberare su argomenti che non siano nell'ordine del giorno, a meno che non vi sia la presenza dei condomini rappresentanti il totale valore dell'edificio.
Una volta riunita, l'assemblea procede alla nomina del presidente, che a sua volta chiama un altro condomino a fungere da segretario, incaricandolo di redigere il verbale.
Nel silenzio della legge, la sua nomina avviene a maggioranza numerica dei presenti. Il presidente ha il compito, ancor prima di dare avvio alla trattazione degli argomenti, di svolgere una serie di atti preliminari, tra cui quello di accertare che tutti gli aventi diritto siano stati convocati, che i presenti siano legittimati a intervenire, che sussista la maggioranza costitutiva (un terzo dei condomini e un terzo dei millesimi in seconda
convocazione), e poi quella deliberativa (la riforma del condominio in Parlamento prevede un terzo dei millesimi e la maggioranza degli intervenuti).
A lui spetta anche l'esame della regolarità delle deleghe conferite dai condomini , con particolare riferimento a eventuali limiti previsti dal regolamento. Delle deliberazioni dell'assemblea deve essere redatto, a cura del segretario su dettatura del presidente, un verbale da trascriversi in un registro tenuto dall'amministratore.
La redazione deve essere effettuata nel corso della riunione o comunque prima del suo scioglimento. Dal verbale deve risultare la data della convocazione e l'ordine del giorno, l'accertamento degli inviti a tutti i partecipanti, il numero degli intervenuti di persona o per delega e rispettivi millesimi, il riassunto delle discussioni, le decisioni prese in seguito a votazione con le rispettive maggioranze richieste e ottenute.
Il verbale deve essere firmato dal segretario e dal presidente dell'assemblea e deve obbligatoriamente essere inviato in copia a tutti i condomini, soprattutto agli assenti,
in quanto per loro i termini di impugnabilità delle delibere assunte decorrono proprio dalla data di ricezione del verbale.
Di Augusto Cirla www.ilsole24ore.com


martedì 25 settembre 2012

CONDOMINIO, RESPONSABILITA’. FURTI AGEVOLATI DAL PONTEGGIO. Art. 1035 c.c.


Deve essere ritenuta la responsabilità del condominio, concorrente con quella dell’appaltatore, per i furti patiti dai condomini e che siano stati resi più agevoli per effetto dell’installazione di un ponteggio usato dai ladri per introdursi nelle abitazioni. La responsabilità del condominio committente, oltre che per cattiva scelta della impresa appaltatrice o per erronee disposizioni che siano state impartite, può derivare comunque da carente od omessa custodia. Il condominio ha quindi il dovere di richiedere all’appaltatore la predisposizioni di cautele idonee a rendere difficili le incursioni ladresche ed ha anche l’obbligo di controllarne l’attuazione. (Corte Di Cassazione, sezione seconda civile sentenza del 23 Marzo 2009 n. 6435)
Quanto recentemente affermato dalla Corte Suprema ha conosciuto specifico precedente nelle motivazioni rese da un Giudice Ordinario del Tribunale di Milano. Il giudice ha accertato a) l’esistenza alla data del furto del ponteggio metallico a ridosso della facciata dell’edificio condominiale, su cui si aprono le finestre dell’appartamento dei due attori che avevano subito il furto; b) l’assoluta mancanza in tale struttura di luci esterne e di misure di sicurezza a tutela dei singoli appartamenti; c) la circostanza che il furto era stato commesso utilizzando l’impalcatura esterna.
A tali circostanze altre se ne sono aggiunte, poichè la Corte ha ritenuto che il condominio avesse l’obbligo di vigilare sulla osservanza, da parte dell’impresa appaltatrice, di tutte le precauzioni del caso (essendo stata l’impalcatura montata senza luci esterne e senza alcuna struttura di sicurezza per l’inviolabilità degli appartamenti) e che il condominio aveva, tra l’altro, omesso di fornire l’indicazione della ditta appaltatrice, così impedendone di fatto la chiamata in causa da parte degli attori. La corte ha confermato che l’autonomia dell’appaltatore (il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonchè curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera), comporta che, di regola, l’impresa sia considerata come l’unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera. Tuttavia, il Giudice di Legittimità ha aggiunto che “una corresponsabilità del committente può configurarsi sia in ipotesi di violazione di regole di custodia, ex art. 2051 c.c. che in caso di riferibilità dell’evento al committente stesso per “culpa in eligendo” per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore – in base ai patti contrattuali – sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente ed abbia agito quale “nudus minister” attuandone specifiche direttive.
                                                                                                                                                         Gorgonzola, 13 Settembre 2012


lunedì 24 settembre 2012

Riscaldamento autonomo o centralizzato? Il cambio deve essere deciso all’unanimità

Un condomino vuole effettuare il distacco dell’impianto di riscaldamento centralizzato del suo appartamento, ma la decisione deve essere presa all’unanimità. Salvo che dal distacco non derivino né uno squilibrio termico pregiudizievole all’impianto né un aggravio di spese per coloro che continuino ad usufruire dell’impianto. 
Il caso Due condomini dissenzienti impugnano la delibera assembleare di un condominio milanese, con la quale è stato autorizzato a maggioranza il distacco dell’impianto di riscaldamento centralizzato dell’appartamento di proprietà di un altro condomino. A parere degli attori, il distacco doveva essere deciso all’unanimità, visto che comportava pregiudizio per la cosa comune. Gli stessi attori impugnano anche la delibera successiva, con la quale era stato deciso - ancora a maggioranza – la trasformazione della stessa unità immobiliare in singoli impianti autonomi. Il Tribunale di Milano riuniva le cause e, annullando la seconda delibera, ritiene che l’autorizzazione del condominio a distaccarsi dall’impianto centralizzato avrebbe dovuto essere approvata all’unanimità e non a maggioranza, visto che tale distacco avrebbe comportato un incremento del costo di conduzione per millesimo. La situazione non cambia nemmeno dopo il giudizio di appello. Pertanto, tocca alla Corte di Cassazione cercare di raffreddare gli animi. Il distacco ha comportato un incremento di spesa per gli altri condomini. La Suprema Corte (sentenza 13718/12) dal canto suo, non si discosta da quella che è la decisione dei giudici territoriali, ritenendo corretto il principio di diritto
enunciato, secondo il quale perché il condomino possa staccarsi dall’impianto centralizzato senza l’unanimità di consenso degli altri condomini, è necessario «che dal distacco non derivino né uno squilibrio termico
pregiudizievole all’impianto né un aggravio di spese per coloro che continuino ad usufruire dell’impianto» (Cass., n. 15079/2006, n. 5974/2004). 
Nel caso di specie, infatti, il distacco dell’unità immobiliare comportava un notevole incremento di spese per i restanti condomini. Ecco perché, anche secondo gli Ermellini, era (ed è) necessario il consenso all’unanimità degli altri condomini.
www.lastampa.it

venerdì 14 settembre 2012

TURNI POSTI AUTO


Cassazione Civile, 19.07.2012, n. 12485: E' possibile stabilire l'uso turnario del parcheggio
vietando l'uso di altro posto auto al momento non occupato

Presidente Dott. Oddo Massimo, Relatore Dott. Matera Lina

La delibera assembleare che, in considerazione dell'insufficienza dei posti auto in rapporto al
numero dei condomini, ha previsto l'uso turnario e stabilito l'impossibilità, per i singoli condomini, di occupare gli spazi ad essi non assegnati anche se i condomini aventi diritto non occupino in quel momento l'area parcheggio loro riservata, non si pone in contrasto con l'art. 1102 c.c., ma costituisce corretta espressione del potere di regolamentazione dell'uso della cosa comune da parte dell'assemblea.
L'essenza stessa del turno, d'altro canto, richiede che, nel corso del suo svolgimento, il comunista che ne beneficia, abbia l'esclusività del potere di disposizione della cosa, senza che vi sia sostanziale interferenza degli altri compartecipi con mezzi e strumenti che ne facciano venire meno l'avvicendamento nel godimento o inducano alla incertezza del suo avverarsi.
Pertanto, la volontà collettiva, regolarmente espressa in assemblea, volta ad escludere
l'utilizzazione, da parte degli altri condomini, degli spazi adibiti a parcheggio eventualmente lasciati liberi dai soggetti che beneficiano del turno, non si pone in contrasto con il diritto dei singoli condomini all'uso del bene comune e non comporta una violazione dell'art. 1138 c.c..
Nella specie, infatti, non si tratta di impedire il godimento individuale di un bene comune, ma di
evitare che, attraverso un uso più intenso da parte di singoli condomini, venga meno, per gli altri, la possibilità di godere pienamente e liberamente della cosa comune durante i loro turni, senza subire alcuna interferenza esterna.

lunedì 10 settembre 2012

AMMINISTRATORE LIBERO DI AGIRE


Se si trasgredisce ripetutamente il regolamento di condominio, l'amministratore può adire le vie legali senza l'autorizzazione dell'assemblea. Rientra tra le sue attribuzioni il dovere di applicare e curare l'osservanza del regolamento di condominio (articolo 1130, comma 1, n. 1).
Nello svolgimento di questa attribuzione, e in presenza di ripetute violazioni, può invitare i singoli condòmini a rispettare le disposizioni regolamentari e applicare penalità ove le stesse siano previste dal regolamento in base all'articolo 70 delle disposizioni di attuazione. 
Se la violazione persiste, però, può esperire azioni giudiziarie nei confronti dei trasgressori senza autorizzazione assembleare, che è prevista invece soltanto per le liti attive e passive esorbitanti dalle incombenze proprie dell' amministratore stesso. Tale principio di diritto è stato applicato dalla Suprema corte, di recente, nel caso di una condomina che parcheggiava la propria auto nel cortile comune nonostante il divieto contenuto nel regolamento di condominio (sentenza 11841/2012 del 7 luglio scorso). Nonostante numerosi richiami, l'amministratore si era trovato costretto ad adire il giudice. Respinta la domanda in primo grado, veniva accolto l'appello proposto dal condominio, sulla base dell'esistenza di un preciso divieto contenuto nel regolamento di condominio e sulla sussistente legittimazione dell'amministratore sia ex articoli 1130 e 1131 del Codice civile, sia perché questi possiede un autonomo potere di impugnare le sentenze sfavorevoli al condominio nel caso di azione tesa al rispetto del regolamento di condominio. 
La condomina, nel proporre il ricorso, eccepiva la violazione del principio formulato delle Sezioni unite (sentenza 18331/2010), secondo cui «l'amministratore
condominiale – potendo essere convenuto nei giudizi relativi alle parti comuni ma essendo tenuto a dare senza indugio notizia all'assemblea della citazione e del provvedimento che esorbiti dai suoi poteri, ai sensi dell'articolo 1131, commi 2 e 3 – può costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza la preventiva autorizzazione del l'assemblea, che è suo onere richiedere poi in ratifica del suo operato per evitare la pronuncia di inammissibilità del l'atto di costituzione ovvero di impugnazione». 
La Cassazione, però, respingeva il ricorso precisando che la controversia su cui si sono pronunciate le Sezioni unite esulava da quelle in relazione alle quali l'amministratore condominiale è autonomamente legittimato, ex articolo 1131, comma 1, rientrando, invece, nel novero delle cause aventi ad oggetto le parti comuni dell'edificio e la relativa responsabilità da custodia. 
L'amministratore, quindi, nell'ambito dell'esecuzione delle delibere condominiali, attività che ai sensi dell'articolo 1130, comma 1, n. 1) del Codice civile, rientra nelle sue normali attribuzioni, può agire in giudizio sia contro i condomini, sia contro i terzi, come prevede il comma 1 dell'articolo 1131 del Codice.
Senza trascurare, preventivamente, il tentativo di mediazione obbligatoria.
www.ilsole24ore.com