martedì 26 febbraio 2013

Decoro architettonico:legittime le disposizioni del regolamento contrattuale che vietano qualunque alterazione


Con sentenza 24 gennaio 2013, n. 1748 la Cassazione Civile ha riconfermato il principio secondo cui devono considerarsi legittime le clausole del regolamento condominiale di natura contrattuale che vietano gli interventi modificativi della struttura dell’edificio
I fatti. Nel caso in esame, i proprietari “pro indiviso” di una unità immobiliare facente parte di un complesso edilizio realizzato da una cooperativa, citavano in giudizio il proprietario di una costruzione edilizia limitrofa, il quale aveva edificato parte del proprio giardino in aderenza all’immobile appartenente agli attori, sostenendo la violazione dell’art. 1120 cod. civ., della normativa di cui al r.d. n. 1165 del 1938, nonché del regolamento condominiale.
Il Tribunale di Bari accoglieva la domanda attorea, condannando il convenuto alla demolizione dell’edificazione, oltre alle spese di lite. La Corte d’Appello riformava la decisione impugnata ritenendo non applicabile alla fattispecie in analisi la normativa di cui al r.d. n. 1165/1938, e non riconoscendo una violazione del decoro architettonico né in relazione all’art. 1120 cod. civ., né con riferimento al regolamento contrattuale dal momento in cui erano già presenti ulteriori opere modificative dell’estetica del complesso residenziale, ed in ogni caso quelle oggetto di controversia ben si inserivano nello stesso.
La decisione. La Suprema Corte, con sentenza n. 1748/2013, ha rilevato che, in ambito condominiale, il principio di autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni idonee a limitare i diritti deicondomini sia in relazione “alle parti comuni, sia con riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà”. Occorre precisare che trattandosi di materia attinente alla compressione di facoltà normalmente connesse alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze (Cass. Civ., 20 luglio 2009, n. 16832). Per le suddette motivazioni la Cassazione, nel caso in analisi, ha ritenuto che le norme di un regolamento contrattuale legittimamente possono integrare o derogare alla disciplina legale, attribuendo al concetto di decoro architettonico “una definizione più rigorosa di quella accolta dall’articolo 1120 cod. civ.”. Così disponendo, gli Ermellini hanno cassato la sentenza impugnata relativamente al secondo motivo accolto.
I precedenti.In senso conforme si era pronunciata la medesima Corte, con sentenza 6 ottobre 1999, n.11121, precisando che il “divieto di immutazione” può essere esteso sino ad imporre la conservazione degli elementi riguardanti la simmetria, l’estetica e l’aspetto generale dell’edificio. 
Daniela Sibilio
Fonte Agire – Agenzia Giornalistica Real Estate

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