mercoledì 30 gennaio 2013

Cassazione Civile, 05.12.2012, n. 21886: L'interpretazione della delibera assembleare


Le deliberazioni condominiali vanno interpretate secondo i criteri ermeneutici previsti dall'art. 1362 cod. civ. e segg. ed il relativo compito è assegnato al giudice del merito; poichè tale valutazione costituisce apprezzamento di fatto, è insindacabile in sede di legittimità, purchè sorretto da congrua motivazione immune da vizi logici e giuridici

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martedì 29 gennaio 2013

Cassazione Civile, Sez. II (Sent.), 14.11.2012, n. 19939: Le delibere del Supercondominio hanno efficacia diretta nei confronti di tutti i partecipanti senza dover passare dalle assemblee dei singoli palazzi


Le delibere dell'assemblea generale del supercondominio hanno efficacia diretta ed immediata nei confronti dei singoli condomini degli edifici che ne fanno parte, senza necessità di passare attraverso le delibere di ciascuna assemblea condominiale.

CON LA RIFORMA

Nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati,previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.
Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea.

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Cassazione Civile, 14.11.2012, n. 19939: Il Supercondomino si costituisce di fatto senza bisogno di alcuna dichiarazione di volontà


Ai fini della costituzione di un supercondominio, non è necessaria nè la manifestazione di volontà dell'originario costruttore, nè quella di tutti i proprietari delle unità immobiliari di ciascun condominio, essendo sufficiente che i singoli edifici, abbiano, materialmente, in comune alcuni impianti o servizi, ricompresi nell'ambito di applicazione dell'art. 1117 cod. civ.;

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Cassazione Civile, 14.11.2012, n. 19939: La fattispecie del Supercondominio


Per supercondominio s'intende la fattispecie legale che si riferisce ad una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, ma compresi in una più ampia organizzazione condominiale, legati tra loro dall'esistenza di talune cose, impianti e servizi comuni (quali il viale d'accesso, le zone verdi, l'impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, eccetera) in rapporto di accessorietà con fabbricati.

CON LA RIFORMA

E' stato introdotto l'articolo 1117 bis il quale prevede che "Le disposizioni del presente capo (che disciplina, appunto, il condominio -ndr-) si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.

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venerdì 25 gennaio 2013

Cassazione Civile, 14.11.2012, n. 19939: Il Supercondominbio può essere escluso dal titolo o dal regolamento contrattuale


L'esistenza del supercondominio, costituendosi, questo, "ipso iure et facto" può essere escluso o dal titolo o dal Regolamento contrattuale.

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Cassazione Civile, Sez. II (Sent.), 14.11.2012, n. 19939: L'assemblea del Supercondominio


Al supercondominio si applicano, in toto, le norme sul condominio, anzichè quella sulla comunione.
In particolare al supercondominio si applicano le disposizioni dettate dall'art. 1136 c.c. in tema di convocazione, costituzione e formazione e calcolo della maggiorante, fermo restando che all'assemblea del supercondominio hanno diritto di partecipare (e quindi soggetti legittimati sono) tutti i singoli condomini sempre che l'eventuale regolamento non disponga diversamente.

CON LA RIFORMA

E' stato introdotto l'articolo 1117 bis il quale prevede che "Le disposizioni del presente capo (che disciplina, appunto il condomino -ndr-) si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’articolo 1117.
Per quanto attiene l'assemblea, in special modo, l'articolo 67 delle disposizioni di attuazione del codice civile prevede che "Nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione ordinaria delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio. Qualora alcuni dei condominii interessati non abbiano nominato il proprio rappresentante, l'autorità giudiziaria provvede alla nomina su ricorso anche di uno solo dei rappresentanti già nominati, previa diffida a provvedervi entro un congruo termine. La diffida ed il ricorso all'autorità giudiziaria sono notificati al condominio cui si riferiscono in persona dell'amministratore o, in mancanza, a tutti i condomini.

Ogni limite o condizione al potere di rappresentanza si considera non apposto. Il rappresentante risponde con le regole del mandato e comunica tempestivamente all'amministratore di ciascun condominio l'ordine del giorno e le decisioni assunte dall'assemblea dei rappresentanti dei condominii. L'amministratore riferisce in assemblea."

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Cassazione Civile, 14.11.2012, n. 19939: Nel supercondominio ci devono essere due tabelle millesimali


Laddove esiste un supercondominio, devono esistere due tabelle millesimali. La prima riguarda i millesimi supercondominiali, e stabilisce la spartizione della spesa non tra i singoli condomini, ma tra gli edifici che costituiscono il complesso. La seconda tabella è quella normale interna ad ogni edificio. A esempio, una volta stabilito che all'edificio A tocca il 40% della spesa, questo 40% sarà suddiviso tra i suoi condomini in proporzione alla tabella millesimale interna a quel particolare edificio condominiale.

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giovedì 24 gennaio 2013

Cassazione Civile, 05.12.2012, n. 21886: Le scale appartengono anche a coloro che non se ne servono


Le scale, essendo elementi strutturali necessari alla edificazione di uno stabile condominiale e mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualità di parti comuni, così come indicato nell'art. 1117 cod. civ., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poichè anche tali condomini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio.
D'altra parte l'applicazione dei criteri di cui all'art. 1124 cod. civ., tenendo conto dell'altezza del piano, rappresenta un correttivo all'integrale applicazione dell'art. 1123 cod. civ. ed è diretto a tutelare proprio i proprietari dei piani inferiori in funzione della diversa utilizzazione.

Cassazione Civile, 12.11.2012, n. 19616: Il Condomino che non riesce ad ottenere la riparazione di un impianto di riscaldamento può rivolgersi all'Autorità Giudiziaria


Il condomino, a tutela del suo diritto ad ottenere che una struttura o un impianto Condominiale sia strutturato e condotto in modo da assicurare l'utilità cui è destinato, può provocare una delibera condominiale attinente agli eventuali interventi necessari per la piena funzionalità dell'impianto o della struttura oppure può rivolgersi direttamente all'autorità giudiziaria per ottenere un provvedimento che obblighi il condominio ad adottare i provvedimenti necessari per sopperire guasti o deficienze di impianti o strutture condominiali ed eventualmente, ove ne ricorrono i presupposti, richiedere il risarcimento del danno.

mercoledì 23 gennaio 2013

Cassazione Civile, 12.11.2012, n. 19616: L'impianto di riscaldamento deve essere funzionante e non è pensabile di accollare ad un condomino un intervento manuale


Gli impianti ed i servizi in un condominio devono essere perfettamente funzionali e idonei allo scopo cui sono destinati e, pertanto, devono assicurare, alle stesse condizioni, la stessa prestazione, ovvero, la stessa utilità a tutti i condomini. Nè è pensabile che un condomino possa o debba assumersi l'onere, ben poco conta se impegnativo o sopportabile, di effettuare uno o più interventi per rendere perfettamente funzionale un impianto condominiale, soprattutto, quando esistono tecniche che consentono di escludere, per la loro funzionalità, definitivamente la necessità di un intervento umano.
(Nel caso di specie nei radiatori dell'appartamento di un condomino a causa della tipologia dell'impianto si accumulava una notevole quantità di gas che impediva la circolazione dell'acqua calda. Era necessario sfiatare i radiatori ovvero intervenire sugli stessi per procedere allo spurgo del gas che si era formato con un intervento manuale e da effettuare con manovra semplicissima a cura del condomino stesso)

martedì 22 gennaio 2013

Us market mover: vendite case esistenti in calo a 4,94 mln, peggio del previsto



Oggi, 16:03
di Titta Ferraro

Il dato statunitense relativo le vendite di case esistenti a dicembre si è attestato a 4,94 milioni da 4,99 mln del mese precedente (dato rivisto da 5,04 mln). Consensus era 5,1 mln.

Fonte: Finanza.com

Per ottenere la servitù di passo carraio dal condominio è sufficiente citare in giudizio l’amministratore di condominio


Con la la sentenza n. 4399 del 20 marzo 2012, la Corte di Cassazione ha ribaltando il verdetto della Corte d’Appello di Milano, precisando quanto segue «la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio prevista dall'art. 1131 co. 2 c.c. per ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini, senza distinzione tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di condanna, ed in deroga, quindi, alla disciplina applicabile per le altre ipotesi di pluralità di soggetti passivi e di litisconsorzio necessario, risponde all'esigenza di rendere più agevole per i terzi la chiamata in giudizio del condominio». Infatti, continua la Corte: “ai sensi dell'art. 1131 secondo comma cod. civ., la legittimazione passiva dell'amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell'edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino; in tal caso, l'amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all'assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini”.

Fonte: Sentenza estratta da Cassazione.net

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Può essere allontanato da casa lo stalker che ha commesso atti persecutori, emulativi e vessatori ai danni dei condomini.



Il Gip del tribunale di Milano ha disposto che la misura cautelare personale è l’unico strumento utile a far cessare lo stalking su cui si sta investigando. È quanto scritto dall’ ordinanza 12019/12, emessa dal Tribunale di Milano, che ha emesso la misura ex articolo 282 bis c.p.p. in quanto sussistono le esigenze cautelari, dal momento che senza l’ allontanamento la presunta stalker continuerebbe a terrorizzare i condomini. Il vero elemento di novità della sentenza è costituito dall’ adozione, nei confronti della stolker, della misura cautelare prevista ex art. 282bis (allontanamento dalla casa famigliare), allo scopo di allontanarla dai luoghi solitamente frequentati dalle sue vittime. Il Gip ha ritenuto la suddetta misura la più idonea a garantire la sicurezza e l’incolumità delle parti offese, vista non solo la sistematicità con cui erano e continuavano ad essere posti in essere i comportamenti vessatori, le aggressioni e le minacce e la loro crescente gravità, ma anche lo stato di salute in cui verteva l’autore del reato. Il giudice non ha potuto, inoltre, non tener conto del fatto che i condomini erano stati costretti a modificare le loro abitudini di vita per non imbattersi,uscendo di casa o rientrandovi, nella molestatrice. Secondo il Gip, infatti, solo disponendo la misura di cui all’art. 282bis c.p.p., le condotte moleste, poste in essere dalla donna nella propria abitazione ma anche nella parti comuni dell’edifico, di notte come di giorno, possono cessare. Il Gip ha, invece, ritenuto di non dover applicare l’art. 283 c.p.p., a cui, dopo l’introduzione dell’art. 282-bis, ad opera dell’art. 1 l. 152/2001, si tende ad attribuire una portata applicativa più ristretta. La Corte di Cassazione ne ha, infatti, escluso l’applicazione al fine di vietare all’ indagato di accedere in alcuni edifici specifici (Cass. 9 marzo 2010, n. 19565).La misura prevista ex art. 282-bis c.p.p. avrebbe, secondo il Gip una portata applicativa ben più ampia, potendo trovare applicazione non solo in relazione a reati diversi da quelli commessi sia in ambito famigliare che all’interno dell’abitazione domestica, ma anche per tutelare persone non coabitanti nella stessa casa (Cass. pen, sez. VI, 15 aprile 2010, n. 17788; Cass. pen., sez. VI, 04/02/2008, n. 25607).

Sentenza tratta da Cassazione.net  Commento a cura di Maria Barletta- redazione Agire.tv


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venerdì 18 gennaio 2013

Sopraelevazioni in condominio, azioni entro 20 anni

Se le sopraelevazioni in un condominio pregiudicano le condizioni statiche dell’edificio i condomini possono opporsi in qualunque momento. Al contrario, se il danno avviene a scapito del decoro architettonico l’opposizione deve essere presentata entro vent’anni.
È arrivata a queste conclusioni la Corte di Cassazione, che con la sentenza 17035/2012 si è pronunciata su una sopraelevazione realizzata sul lastrico solare di un condominio.
Secondo la Cassazione, se un intervento vìola il decoro architettonico, il proprietario esclusivo del lastrico solare ha il diritto a sopraelevare. Allo stesso tempo, gli altri condomini, in quanto comproprietari, hanno il diritto di non vedere danneggiate le caratteristiche architettoniche dell’immobile.
Ogni azione a tutela del diritto dei condomini deve però essere intrapresa nei termini della prescrizione ventennale.
Come affermato dalla Cassazione, il diritto del proprietario esclusivo del lastrico solare ad effettuare la sopraelevazione è limitato dal diritto dei condomini, che possono intraprendere azioni per non vedere turbate le linee architettoniche dell’edificio condominiale.
A sua volta, però, il diritto dei condomini è limitato dal tempo entro cui deve essere intrapresa l’azione. Decorso il termine ventennale, infatti, il proprietario che realizza la sopraelevazione acquisisce il diritto a mantenerla e non è obbligato al ripristino delle condizioni preesistenti.

Paola Mammarella www.edilportale.com

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giovedì 17 gennaio 2013

Polizza globale fabbricato senza insidie

Le polizze globali di fabbricato permettono di assicurare il proprio condominio contro un gran numero di danni, che vanno dall'incendio alla responsabilità civile, passando per i danni da acqua e da eventi sociopolitici e per la rc dell'amministratore. Il vantaggio principale? Concentrando tutte le garanzie desiderate in un'unica polizza si può ottenere un risparmio notevole rispetto alla stipula di diverse assicurazioni, che siano frazionate per tipologia di copertura o per singolo appartamento.
La polizza di condominio deve essere stipulata dall'amministratore dello stabile previa autorizzazione dell'assemblea. I premi vengono quindi pagati da ciascun condomino in misura proporzionale ai millesimi di proprietà, o secondo altri criteri eventualmente previsti dal regolamento condominiale. Quando si stabiliscono le garanzie da includere nella  polizza, è bene prestare attenzione che non vi siano sovrapposizioni rispetto alle assicurazioni che ciascun condomino ha stipulato, individualmente, per il proprio appartamento, con il rischio di conseguenti duplicazioni dei costi. È anche importante verificare che vi sia una clausola di rivalutazione automatica della polizza che adegui sia i premi sia i massimali all'andamento dell'inflazione, per evitare che, dopo 10 anni o più, il risarcimento nominale risulti inadeguato rispetto al valore reale dei danni coperti da garanzia. Le coperture essenziali incluse in ogni polizza globale di fabbricato rientrano in due ambiti distinti: incendio e responsabilità civile del condominio. La sezione incendio, in genere, include anche i danni da fulmine, implosione, esplosione, caduta di aeromobili, onde di pressione, e altre garanzie connesse a questa tipologia di rischi. La sezione Rc copre invece i danni provocati a terzi (Rct) o ai prestatori di lavoro (Rco) da eventi accidentali legati alla proprietà del fabbricato e alla conduzione delle parti comuni. Tra le garanzie aggiuntive, invece, vi sono i danni da acqua, la ricerca di guasti, la rottura lastre e pannelli solari, e altri eventi speciali e accessori. Il premio è determinato in primo luogo dalle caratteristiche del condominio: il numero di piani e di appartamenti, la superficie in metri quadrati, il valore della ricostruzione, la presenza di giardini. Anche l'anno di costruzione e di ultima ristrutturazione è particolarmente influente sul prezzo finale della polizza.
Il risultato può variare molto anche in base ai massimali desiderati. Ad esempio, una polizza Generali con le sole garanzie di base (incendio ed Rc), calcolata su un condominio di 4 piani, 12 famiglie, con giardino e garage, costruito nel 1970 e mai ristrutturato (vedi tabella), costa circa 2.652 euro all'anno fissando il valore di ricostruzione a 5 milioni di euro e il massimale Rc a 2 milioni.
Riducendo i massimali rispettivamente a 2 milioni di euro e 500mila euro, e prendendo in considerazione un fabbricato costruito nel 2005, il premio si riduce a 722 euro. La città in cui si trova il condominio, invece, influisce poco o nulla. Per Generali e Unipol i premi sono identici sia che il fabbricato abbia sede a Milano, Roma o Napoli; per Zurich la differenza è di poche decine di euro (rispettivamente 3.214, 3.037 e 3.013 euro nelle tre città per il succitato esempio di condominio, includendo anche la garanzia di base per i danni da acqua).
L'inclusione di coperture aggiuntive fa lievitare il costo. Nel caso di Allianz, per esempio, lo stesso preventivo effettuato in agenzia per una polizza con la sola sezione incendio, Rc ed estensione Rc al giardino condominale alberato ammonta a 1.939 euro. Se si includono anche i danni da acqua si sale subito a 3.493 euro. Se si desidera una polizza comprensiva di danni da gelo, da occlusione e trabocco, eventi socio-politici, eventi atmosferici, guasti, estensione Rc alle singole unità immobiliari e all'amministratore, il gran totale può sfiorare i 5mila euro l'anno. 

Andrea Curiat www.ilsole24ore.com

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mercoledì 16 gennaio 2013

Efficienza energetica e rinnovabili: ecco cosa prevede la riforma del condominio


Partirà il 17 giugno 2013 la riforma del condominio, che prevede anche importanti novità anche per le energie rinnovabili. E' stata infatti pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 293 del 17 dicembre 2012 la legge n. 220 dell'11/12/2012 Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, che introduce modifiche al codice civile nella disciplina dei condomini. La legge entrerà in vigore solo a giugno del 2013, per permettere di prepararsi alle modifiche e alla loro corretta applicazione. Vediamo nel dettaglio le novità nel campo delle rinnovabili e dell'efficienza.
In base all'art. 5 della legge, sarà possibile, con l'approvazione dell'assemblea condominiale a maggioranza degli intervenuti e con almeno la metà del valore dell'edificio, consentire le innovazioni delle cose comuni aventi come oggetto "le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune." Altra importante novità è introdotta dall'art. 7. Viene infatti consentita la possibilità di "installare impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato. Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi.
L'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell'articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio e, ai fini dell'installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali. 

Fabio Tognetti www.greenreport.it

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lunedì 14 gennaio 2013

Poteri, doveri e responsabilità dell'amministratore alla luce della riforma del condominio


 La recente emanazione di nuove regole in tema di gestione della cosa comune ha riformato in modo consistente lo scenario normativo previgente, introducendo nel nostro ordinamento un vero e proprio Codice del Condominio ("Legge 11 Dicembre 2012 n.220). 
La figura dell'amministratore risulta oggi maggiormente definita ed i poteri, doveri ed oneri ad essa imputabili meglio individuabili. L'amministratore della riforma assume così primaria importanza divenendo artefice principale della corretta manutenzione e gestione degli spazi comuni.
L'amministratore di condominio opera in virtù dell'istituto della rappresentanza previsto all'articolo 1131 del codice civile: i suoi poteri trovano fondamento nella legge, nelle delibere dell'assemblea condominiale e nel regolamento di condominio. Egli è tenuto ad espletare il proprio mandato con la diligenza del buon padre di famiglia (responsabilità dell'uomo medio unita tuttavia a particolari competenze tecniche richieste dal suo ruolo) potendo adottare contro i condomini provvedimenti obbligatori, il tutto pur sempre entro i limiti dell'interesse alla buona gestione della cosa comune: egli potrà assumere decisioni vincolanti circa materie attinenti particolari delibere assembleari ma non potrà mai  interferire con i diritti esclusivi esistenti in capo ai singoli condomini. L'amministratore ha  il compito di vigilare circa la corretta applicazione e rispetto da parte dei condomini del regolamento condominiale. A tale scopo può avanzare richiami ed adottare tutti i provvedimenti necessari ad eliminare turbative ed a ristabilire l'equilibrio comune.
Anche qui, analogamente a quanto sopra, tale potere è limitato alla tutela delle aree condominiali comuni, essendo escluse quelle parti dell'edificio di proprietà individuale dei singoli condomini, comprese le servitù di passaggio. Egli ha inoltre l'importante compito di garantire a tutti i condomini pari possibilità di fruizione dei beni comuni, non potendo l'amministratore negare ad uno ciò che al contrario è concesso a tutti gli altri. Parimenti egli ha l'obbligo di vigilare circa la corretta erogazione dei servizi comuni, ben potendo lo stesso esperire idonei sopralluoghi ed effettuare verifiche periodiche anche al fine di ridurre al minimo le interferenze tra singole unità abitative.
L'amministratore provvede poi a stipulare efficacemente, vincolando conseguentemente tutti i condomini, i contratti necessari a garantire corretta manutenzione ordinaria (in questo caso senza particolari vincoli; ad es. contratto di fornitura per il riscaldamento centralizzato) e straordinaria (previa autorizzazione assembleare) del condominio. Egli è inoltre titolare di legittimazione attiva al procedimento che interessi il condominio (sia nel  caso di impugnazione da parte dei condomini di delibere assembleari che in casi afferenti l'osservanza del regolamento condominiale, nonché in altre situazioni purché limitatamente alla gestione della cosa comune) senza che sia dunque necessaria, in linea generale, apposita autorizzazione. Precise limitazioni sono espressamente previste dalla legge. L'amministratore ha tuttavia necessità di ottenere previa autorizzazione assembleare per poter stipulare polizza assicurativa. Il legislatore ha infatti normativamente previsto poteri in capo allo stesso limitatamente alla conservazione materiale della cosa comune, esulando da tale classificazione la finalità propria della stipula di polizza assicurativa, cioè il preservare dal rischio di deterioramento dovuto ad eventi imprevedibili e straordinari (come un incendio o l'incardinarsi di un giudizio civile).
Come contropartita a questi poteri incombe sull'amministratore responsabilità civile per il proprio operato: a potere conferito dalla legge corrisponde responsabilità processuale in caso di negligenza e cattiva amministrazione. Egli non risponde tuttavia del danno cagionato dal condomino mediante l'utilizzo del bene comune salvo che il regolamento condominiale preveda espressamente l'applicazione di sanzioni pecuniarie nei confronti dei soggetti violanti le norme inerenti all'uso delle cose e degli spazi comuni. Questi sopra esposti gli aspetti più salienti. Molti gli aspetti della riforma che riguardano questa figura, ora elevata e necessariamente dotata di adeguata professionalità.
Licia Albertazzi www.studiocataldi.it

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venerdì 11 gennaio 2013

Discesa libera per le case, prezzi in calo del 3,2%



Oggi, 13:07
di Flavia Scarano

Prosegue la discesa dei prezzi delle case. Nel terzo trimestre del 2012, secondo le stime preliminari, l'indice dei prezzi delle abitazioni acquistate dalle famiglie sia per fini abitativi sia per investimento registra una diminuzione dell'1,1% rispetto al trimestre precedente e del 3,2% rispetto allo stesso periodo del 2011. A dirlo i dati diffusi questa mattina dall'Istat che rilevano come il calo tendenziale nel terzo trimestre sia il terzo consecutivo registrato nel 2012, dopo la flessione dello 0,2% del primo trimestre e quella del 2,1% del secondo.
Con riferimento alle diverse componenti, nel terzo trimestre l'indice dei prezzi delleabitazioni nuove diminuisce dello 0,2% sul trimestre precedente e aumenta dell'1,9% rispetto allo stesso periodo del 2011. I prezzi delle abitazioni esistenti diminuiscono dell'1,6% su base congiunturale e del 5,4% su base annua.
La crescita su base annua dei prezzi delle abitazioni nuove rallenta rispetto a quanto registrato nel secondo trimestre (+2,8%). Si accentua, invece, la diminuzione dei prezzi delle abitazioni esistenti, considerato il calo tendenziale del 4,1% registrato nel secondo trimestre.
In media, nei primi tre trimestri dell'anno in corso, i prezzi delle abitazioni diminuiscono dell'1,8% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente, sintesi di un aumento del 2,7% dei prezzi delle abitazioni nuove e di una diminuzione del 3,7% dei prezzi di quelle esistenti.

Fonte: Finanza.com


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Articolo 21, comma 2, lettera b), del D.P.R. n. 633 del 1972 – Chiarimenti in materia di numerazione delle fatture



si allega risoluzione 1/e dell' Agenzia delle Entrate in merito alla numerazione delle fatture

                                                                  RISOLUZIONE N. 1/E
Roma, 10 gennaio 2013


In base all’articolo 21, comma 2, lettera b), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 – come modificato dall’articolo 1, comma 325, lettera d), della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – per le operazioni effettuate a partire dal 1° gennaio 2013, la fattura deve contenere un “numero progressivo che la identifichi in modo univoco”.
Posto che, nella nuova formulazione, l’articolo 21 non prevede più la numerazione “in ordine progressivo per anno solare”, è stato chiesto da più parti di chiarire cosa si debba intendere per numero progressivo che identifichi la fattura in modo univoco.
La modifica normativa in questione si è resa necessaria al fine di recepire nell’ ordinamento nazionale la nuova disciplina comunitaria in materia di fatturazione recata dalla direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, come modificata dalla direttiva 2010/45/UE del Consiglio del 13 luglio 2010. La Commissione europea aveva, infatti, rilevato che la normativa italiana, imponendo ai soggetti passivi di ricominciare ogni anno una nuova serie di numeri sequenziali, introduceva un ulteriore adempimento a carico dei soggetti passivi non richiesto dall’articolo 226 della citata direttiva. Tanto premesso, si precisa che è compatibile con l’identificazione univoca prevista dalla formulazione attuale della norma qualsiasi tipologia di Direzione Centrale Normativa numerazione progressiva che garantisca l’identificazione univoca della fattura, se del caso, anche mediante riferimento alla data della fattura stessa. 
Conseguentemente, a decorrere dal 1° gennaio 2013, può essere adottata una numerazione progressiva che, partendo dal numero 1, prosegua ininterrottamente per tutti gli anni solari di attività del contribuente, fino alla cessazione dell’attività stessa.
Questa tipologia di numerazione progressiva è, di per sé, idonea ad identificare in modo univoco la fattura, in considerazione della irripetibilità del numero di volta in volta attribuito al documento fiscale. La numerazione progressiva dal 1° gennaio 2013 può anche iniziare dal numero successivo a quello dell’ultima fattura emessa nel 2012. Anche in tal caso la tipologia di numerazione progressiva adottata consente l’identificazione in modo univoco della fattura, ancorché la numerazione non inizi da 1. Peraltro, qualora risulti più agevole, il contribuente può continuare ad adottare il sistema di numerazione progressiva per anno solare, in quanto l’identificazione univoca della fattura è, anche in tal caso, comunque garantita dalla contestuale presenza nel documento della data che, in base alla lettera a) del citato articolo 21, costituisce un elemento obbligatorio della fattura.
Ad esempio, fermo restando l’obbligo di indicare in fattura la data, si ritengono ammissibili le seguenti modalità di numerazione progressiva all’interno di ciascun anno solare:
Fatt. n. 1
Fatt. n. 2
Fatt. n. 1/2013 (oppure n. 2013/1)
Fatt. n. 2/2013 (oppure n. 2013/2)
***
3
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi enunciati con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.

                                                   IL DIRETTORE CENTRALE



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martedì 8 gennaio 2013

Imu, pronti al saldo. Condominio, chi paga per le parti comuni?


A pochi giorni dalla scadenza del saldo Imu non è ancora chiaro chi deve pagare per le parti condominiali – se gli amministratori o i condòmini – e con quali aliquote, ordinaria o agevolata. 
Il passaggio dall'Ici all'Imu ha creato un vuoto normativo per le parti comuni degli edifici (alloggio portiere, autorimessa, sala riunioni, eccetera) e per le unità immobiliari oggetto  di diritto di godimento a tempo parziale (multiproprietà). Le prime disciplinate dall'articolo 10 comma 4 del Dlgs 504/92, che imponeva all'amministratore di presentare la  dichiarazione per conto di tutti i condòmini. Le seconde dall'articolo 19 della legge 388/2000, che autorizzava l'amministratore della multiproprietà a versare le quote  individuali. Disposizioni non riproposte dalla disciplina Imu e quindi non più applicabili.
Finora è stato risolto solo il problema del soggetto su cui ricade l'obbligo dichiarativo. Dalle istruzioni al modello di dichiarazione emerge infatti che «la dichiarazione deve essere presentata dall'amministratore del condominio per conto di tutti i condomini», recependo così la disciplina prevista per l'Ici dall'articolo 10 del Dlgs 504/92. Cambia invece lo scenario per le multiproprietà. Mentre per l'Ici si prevedeva l'obbligo di presentazione della dichiarazione da parte «dei singoli soggetti passivi» restando a carico dell'amministratore solo il pagamento della quota individuale (si vedano le istruzioni allegate al Dm 12/5/2009), per l'Imu le istruzioni ministeriali chiariscono che in caso di multiproprietà «l'amministratore del condominio o della comunione è obbligato a presentare la dichiarazione». Pertanto con l'Imu l'obbligo dichiarativo viene esteso a tutti gli amministratori, sia di condominio che delle multiproprietà. Resta comunque il problema del soggetto che deve versare l'imposta. Per l'Ici il ministero dell'Economia, con varie circolari (tra cui la 136/98), consentiva all'amministratore del condominio di effettuare il pagamento unico. Tale orientamento può essere confermato anche per l'Imu per ragioni di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti, come peraltro affermato dal Dipartimento delle Finanze allo Sportello Imu del Sole 24 Ore del 31/5/2012. D'altronde sarebbe illogico sottrarre questi adempimenti all'amministratore, che è pur sempre il mandatario dei condòmini – quindi può pagare per loro. Poiché si tratta di una facoltà e non di un obbligo, sarebbe comunque opportuno approvare in assemblea condominiale una delibera che deleghi l'amministratore a pagare l'Imu sulle parti comuni.
Più complessa appare invece la questione del soggetto che deve effettuare il versamento delle quote individuali in caso di multiproprietà, non essendo più applicabile la norma dell'Ici che attribuiva la responsabilità all'amministratore. Il Dipartimento delle Finanze allo Sportello Imu del Sole 24 Ore ha chiarito che in tal caso «i singoli proprietari dovranno provvedere ciascuno per la propria quota». Tuttavia, il fatto che l'obbligo del versamento sia venuto meno non sembra ostacolare la possibilità di attribuire tale incombenza all'amministratore, a maggior ragione dopo che il ministero ha introdotto l'obbligo  dichiarativo in capo al medesimo soggetto. Un'integrazione normativa sarebbe comunque necessaria per evitare che tutte le comproprietà inferiori a 15 giorni siano di fatto esenti  dall'imposta. 
In ogni caso, occorre prendere una decisione se non si vuole correre il rischio di  eseguire calcoli e versamenti doppi o ripetuti parzialmente sia dall'amministratore che da parte di ogni condòmino. È bene quindi che si chiarisca chi, in quel determinato  condominio, dovrà provvedervi. A livello operativo, è opportuno che gli amministratori avvisino i condòmini che l'Imu sulle parti comuni sarà pagata - come l'Ici - dal  professionista che gestisce lo stabile. In mancanza, è bene che siano i condòmini stessi  a contattare l'amministratore perché se ne faccia carico. Il pagamento individuale non è vietato, ma è sicuramente meno pratico. In ordine all'aliquota applicabile alle parti comuni, si ritiene che non sia possibile ravvisare un rapporto di pertinenzialità con l'abitazione principale del singolo condòmino, trattandosi di beni non di proprietà dei singoli ma del condominio. Pertanto non sarà possibile applicare l'aliquota agevolata per l'abitazione  principale, dovendosi invece fare riferimento all'aliquota ordinaria fissata dal comune ove è ubicato l'edificio. Nel modello F24 vanno indicati soli i dati fiscali del condominio (non  del coobbligato), utilizzando i codici 3918 e 3919 e ripartendo l'importo tra quota  comunale e quota statale.

Giuseppe Debenedetto www.ilsole24ore.com

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venerdì 4 gennaio 2013

Sanzioni fino a 800 euro per chi non rispetta il regolamento condominiale


Tempi duri per chi viola il regolamento di condominio perché adesso le sanzioni sono molto più elevate. La riforma ha finalmente aggiornato l'importo di 0,05 euro (le vecchie 100 lire) che la precedente disciplina prevedeva come sanzione applicabile in tutti i casi in cui il singolo condomino poneva in essere un comportamento contrario a quanto previsto nel regolamento condominiale. Da maggio, invece, l'infrazione potrà costare al singolo condomino "disobbediente" una spesa sino a 200 euro, che aumenta sino a 800 «in caso di recidiva», cioè quando la violazione si ripete più volte.
La legge (articolo 70, disposizioni di attuazione del Codice civile) non chiarisce se la recidiva deve riguardare la stessa norma del regolamento o se la maggiore sanzione può essere applicata anche a diverse disposizioni. È pacifico quindi che, ad esempio, parcheggiare la propria auto negli spazi condominiali in presenza di uno specifico divieto previsto dal regolamento implica l'applicazione di una sanzione destinata ad aumentare qualora la violazione del divieto si ripete una seconda volta.
Il problema invece si pone se lo stesso condomino, sanzionato una prima volta per l'illegittimo parcheggio dell'autovettura, occupi poi anche temporaneamente con cose proprie il pianerottolo antistante la propria abitazione. Trattasi invero della violazione di un diverso divieto contenuto nel regolamento che, stante il tenore letterale del disposto legislativo, dovrebbe integrare la cosiddetta "recidiva semplice", che si verifica nel caso in cui il comportamento illegittimo si ripete indipendentemente dal fatto che questo secondo si riferisca a diverso precetto contemplato dal regolamento. 
La ragione che ha spinto il legislatore della riforma a quantificare la sanzione in un importo sufficientemente elevato sembra non lasciare dubbi sulla sua volontà di pretendere un severo rispetto del regolamento da parte di tutti i condomini. D'altro canto, non va dimenticato che il regolamento rappresenta lo statuto interno di ogni singolo condominio, destinato proprio a disciplinare i rapporti tra i condomini e l'uso che costoro devono fare dei beni e degli spazi comuni. Tutte le disposizioni contenute nel regolamento hanno pari importanza e grado tra di loro, talché la violazione dell'una piuttosto che dell'altra sicuramente va a pregiudicare quell'equilibrio che gli stessi condomini si sono proposti di mantenere nel proprio complesso condominiale. La tesi dunque della «recidiva
semplice» è senz'altro la più percorribile: se si viola più volte il regolamento si rischia di pagare sino a 800 euro. E non è poco.
Vale comunque ancora la regola che la sanzione può essere applicata solo se è prevista nel regolamento di tipo contrattuale (ma parte della dottrina su questo punto è discorde, ritenendo sufficiente un regolamento assembleare, approvato quindi dalla maggioranza dei condomini, ndr), non potendo invece l'assemblea stabilirla senza una delibera assunta dall'unanimità dei partecipanti al condominio. Del pari dicasi per applicare una diversa sanzione rispetto a quella indicata dalla legge, richiedendosi anche in tal caso una specifica previsione nel regolamento stesso, purché di natura contrattuale, essendo infatti impedito all'assemblea di deliberarla a maggioranza.
L'amministratore, in quanto tenuto per legge (articolo 1130 c.c.) a fare osservare le  norme del regolamento condominiale al fine di tutelare l'interesse generale dei condomini, non necessita di alcuna preventiva delibera assembleare per addebitare le sanzioni previste. Più complessa è invece l'applicazione delle nuove sanzioni previste dalla riforma, perché la discrezionalità lasciata dal nuovo articolo 70 delle disposizioni attuative del Codice civile nella loro quantificazione (fino a euro 200 e fino a euro 800 in caso di recidiva) impone un passaggio dall'assemblea, magari anche in via preventiva per quelle violazioni che si verificano con maggiore frequenza. 
La sanzione può essere irrogata quando viene violata la disposizione regolamentare e l'infrazione può concretarsi in un abuso o in un eccesso d'uso dei beni comuni da parte del singolo condomino, come nel caso di arbitrario deposito di materiali nel cortile o nell'androne. La decisione assembleare di comminare sanzioni è suscettibile di  impugnazione nel termine di trenta giorni; la delibera è annullabile poiché non comporta una lesione dei diritti dei condomini sulla cosa comune ma riguarda solo la disciplina dell'uso delle cose e dei servizi comuni. Nel regolamento può essere inserita anche una clausola penale con cui si conviene che, in caso di inadempimento o di ritardo nel pagamento delle quote di spesa dovute, il condomino è tenuto a versare un maggiore importo a titolo di mora. Perché una simile clausola sia valida occorre comunque che essa sia inserita in un regolamento di carattere contrattuale. Va peraltro evidenziato che l'ammontare della sanzione quale clausola penale può essere equamente diminuita dal  giudice anche d'ufficio, se ritenuta eccessiva rispetto all'interesse che si intende tutelare.

Augusto Cirla www.ilsole24ore.com

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Il condominio «ripara» la caldaia


Gli impianti e i servizi in un condominio per essere «perfettamente funzionali, cioè idonei  allo scopo cui sono destinati, devono assicurare, alle stesse condizioni, la stessa  prestazione, ovvero, la stessa utilità a tutti i condomini». E non è «pensabile che un  condomino possa o debba assumersi l'onere, poco conta se impegnativo o sopportabile, di effettuare uno o più interventi» per garantire la funzionalità dell'impianto condominiale. È questo il principio formulato dalla Cassazione che, con la sentenza 19616 del 12  novembre scorso, ha accolto il ricorso presentato da un'usufruttuaria di un'unità abitativa 
che, lamentando la scarsa funzionalità dell'impianto di riscaldamento (tanto da eterminare l'inabitabilità dell'appartamento), aveva richiesto l'intervento dell'assemblea condominiale per le verifiche e i provvedimenti del caso.
L'assemblea, anche se la Ctu aveva chiarito che l'anomalia era provocata dalla presenza di bolle d'aria, si era limitata a invitare la richiedente a provvedere, autonomamente, allo sfiato dell'impianto. La donna ha quindi chiesto al giudice di dichiarare la nullità,  l'illegittimità o l'inefficacia della delibera condominiale e di condannare il condominio all'eliminazione di ogni deficienza strutturale e funzionale, oltre che al risarcimento del  danno. La domanda è stata accolta in primo grado solo in parte: il tribunale non ha  riconosciuto il risarcimento del danno. Ma in appello la decisione è stata del tutto contraria alla donna. La Corte territoriale ha infatti considerato l'impianto «perfettamente funzionante», cioè idoneo ad assicurare l'adeguato riscaldamento dell'appartamento: per ottenerlo era sufficiente che la donna eseguisse una semplicissima manovra manuale sulle valvole di sfiato dei radiatori. Secondo la Corte d'appello, la regolare funzionalità dell'impianto impediva, peraltro, al giudice di sostituirsi all'assemblea condominiale, unico  soggetto legittimato a intervenire, con decisione discrezionale, per eliminare l'anomalia.
I giudici di legittimità, che hanno invece accolto il ricorso della donna, hanno chiarito che il condomino può provocare una delibera condominiale che abbia a oggetto gli interventi necessari per la piena funzionalità dell'impianto oppure può rivolgersi direttamente all'autorità giudiziaria per ottenere i provvedimenti necessari per sopperire a guasti o  deficienze rilevate; e, se ricorrono i presupposti, il condomino può anche chiedere il risarcimento dei danni. Ma non bisogna dimenticare che se l'impianto centralizzato funziona male e causa sperequazioni e deficienze di calore e il condominio, colpevolmente, omette di adeguare e riparare l'impianto, il condomino può adire le vie legali e pretendere il risarcimento del danno, ma non la restituzione dei contributi versati per il servizio, né può sospendere il pagamento dei contributi; questo perché non sussiste un rapporto sinallagmatico tra le prestazioni, vale a dire l'obbligo di contribuzione e la fornitura del servizio (si veda la sentenza 12956/2006 della Cassazione).
Proprio per fronteggiare il cattivo funzionamento dell'impianto, causa di liti all'interno dei condomini, la legge di riforma della normativa sul condomino ha introdotto una nuova disposizione che, seguendo l'orientamento ormai consolidato della giurisprudenza, ha previsto la possibilità per il condomino di rinunciare all'utilizzo dell'impianto di riscaldamento se dal suo distacco non derivano notevoli squilibri di funzionamento o aggravi di spesa per gli altri condomini. In questo caso il distaccato deve partecipare,  comunque, al pagamento delle spese per la manutenzione straordinaria dell'impianto e per la sua conservazione e messa a norma in quanto il condomino non può rinunziare alla proprietà delle parti comuni ma solo all'uso.

Luana Tagliolini www.ilsole24ore.com

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