venerdì 1 marzo 2013

AFFISSIONE DEL NOME DELL’INQUILINO MOROSO: CONDANNATO L’AMMINISTRATORE DI CONDOMINIO


La pubblicazione dei dati degli inquilini morosi, mediante affissione di un comunicato in uno spazio condominiale accessibile non già ai soli condomini ma ad un numero indeterminato di altri soggetti, integra il reato di diffamazione.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sezione V penale, con sentenza n. 4364/2013.
Il comunicato in questione - contenente l’elenco dei nominativi dei condomini che, in ritardo nel pagamento delle rispettive quote, sarebbero stati esclusi dalla fruizione di taluni servizi - era stato affisso nell’androne del palazzo. Successivamente, uno dei morosi denunciava l’amministratore per offesa alla reputazione, sottolineando l’evidente intendo di quel comunicato di “sottoporre a pubblica gogna” coloro che non avevano pagato le quote; posizione, quest’ultima, condivisa sia dal Giudice di Pace di Messina che dal Tribunale, con sentenza del 21 gennaio 2011.
La Suprema Corte, respingendo il ricorso dell’amministratore, ha ricordato che “integra il delitto di diffamazione il comunicato redatto all’esito di una assemblea condominiale, con il quale alcuni condomini sono indicati come morosi nel pagamento delle quote condominiali e vengono conseguentemente esclusi dalla fruizione di alcuni servizi” qualora la comunicazione sia pubblicata in un luogo accessibile anche a terzi.
Gli Ermellini sottolineano, inoltre, che se l’intento dell’amministratore fosse stato realmente quello di informare celermente gli interessati dell’imminente interruzione del servizio, mediante modalità comunicative potenzialmente percepibili da un indeterminato numero di soggetti, allora l’amministratore “avrebbe dovuto calibrare il contenuto dell’informazione a tale esigenza, evitando di menzionare anche l’identità dei condomini morosi”.
Per le suddette motivazioni è stata confermata la contestazione del reato di diffamazione, nonché la condanna nei confronti dell’amministratore.
La sezione V della Corte di Cassazione si era espressa nei medesimi termini in una precedente sentenza del 2009, in quell’ occasione precisando che “una notizia relativa alle vicende condominiali non può andare oltre il ristretto perimetro rappresentato dalla cerchia dei condomini ed, eventualmente, dei terzi che con il condominio sono in rapporti” (Cass. Penale, sez. V, 18 settembre 2007, n. 35543).
Cosicché, è possibile affermare che, nel caso analizzato, la diffusione delle informazioni sarebbe stata certamente scriminata qualora fosse rimasta confinata nell’ambito condominiale. Tuttavia, dal momento in cui il predetto comunicato è stato portato potenzialmente a conoscenza anche di soggetti nei cui riguardi non poteva avere alcun valore funzionale, non si può non riconoscere l’integrazione dell’elemento oggettivo del delitto di cui all’articolo 595 c.p., non sussistendo nessuna ragione socialmente valida a supporto del comportamento incriminato.

Daniela Sibilio Fonte Agire – Agenzia Giornalistica Real Estate

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