La pubblicazione dei dati degli
inquilini morosi, mediante affissione di un comunicato in uno spazio
condominiale accessibile non già ai soli condomini ma ad un numero indeterminato di
altri soggetti, integra il reato di diffamazione.
È quanto stabilito dalla Corte di
Cassazione, sezione V penale, con sentenza n. 4364/2013.
Il comunicato in questione -
contenente l’elenco dei nominativi dei condomini che, in ritardo nel pagamento delle rispettive quote,
sarebbero stati esclusi dalla fruizione di taluni servizi - era stato affisso nell’androne del palazzo.
Successivamente, uno dei morosi denunciava l’amministratore per offesa alla reputazione, sottolineando
l’evidente intendo di quel comunicato di “sottoporre a pubblica gogna” coloro che non avevano pagato le quote;
posizione, quest’ultima, condivisa sia dal Giudice di Pace di Messina che dal Tribunale, con sentenza del 21
gennaio 2011.
Gli Ermellini sottolineano, inoltre,
che se l’intento dell’amministratore fosse stato realmente quello di informare celermente gli interessati
dell’imminente interruzione del servizio, mediante modalità comunicative potenzialmente
percepibili da un indeterminato numero di soggetti, allora l’amministratore “avrebbe dovuto calibrare il
contenuto dell’informazione a tale esigenza, evitando di menzionare anche l’identità dei condomini morosi”.
Per le suddette motivazioni è stata
confermata la contestazione del reato di diffamazione, nonché la condanna nei confronti
dell’amministratore.
La sezione V della Corte di
Cassazione si era espressa nei medesimi termini in una precedente sentenza del 2009, in quell’ occasione precisando che “una notizia relativa
alle vicende condominiali non può andare oltre il ristretto perimetro rappresentato
dalla cerchia dei condomini ed, eventualmente, dei terzi che con il condominio sono in rapporti” (Cass.
Penale, sez. V, 18 settembre 2007, n. 35543).
Cosicché, è possibile affermare che,
nel caso analizzato, la diffusione delle informazioni sarebbe stata certamente scriminata qualora fosse
rimasta confinata nell’ambito condominiale. Tuttavia, dal momento in cui il predetto comunicato è stato
portato potenzialmente a conoscenza anche di soggetti nei cui riguardi non poteva avere alcun valore
funzionale, non si può non riconoscere l’integrazione dell’elemento oggettivo del delitto di cui
all’articolo 595 c.p., non sussistendo nessuna ragione socialmente valida a
supporto del comportamento incriminato.
Daniela Sibilio Fonte Agire – Agenzia Giornalistica
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