Il Consiglio Nazionale Forense ha dato ulteriore
mostra di modernità, oltre a quelle numerose alle quali ci siamo abituati negli
ultimi tempi.
Così,
in luogo di diffondere una banale circolare, ha risposto alle FAQ (Frequently
Asked Questions, letteralmente le "domande poste frequentemente”) che non
si sarebbe detto potere essere affluite numerose e pregnanti già nell’ultima
decade di gennaio ed intorno all’applicazione della recentissima riforma
forense.
Al
punto 32 delle dette FAQ l’intervistato si è posto la seguente domanda:
l’esercizio
della professione forense è compatibile con la professione di amministratore di
condominio ?
Riportiamo
la risposta, alla quale nessuno potrà negare il pregio della chiarezza:
R:
No, in quanto costituisce altra attività di lavoro autonomo, svolta
necessariamente in modo continuativo o professionale. Tale circostanza risulta
confermata, altresì, dalla nuova disciplina in materia di professioni
regolamentate (L. n. 4/2013) che conferisce dignità e professionalità alle
categorie dei professionisti senz’albo. Sebbene non vengano meno i requisiti di
autonomia ed indipendenza, che hanno sinora consentito di considerare
compatibile l’attività di amministratore di condominio con l’esercizio della
professione, la riforma ha innovato profondamente la disciplina vigente,
escludendo che l’avvocato possa esercitare «qualsiasi attività di lavoro
autonomo svolta continuamente o professionalmente», con eccezioni indicate in
via tassativa - quali attività di carattere scientifico, letterario, artistico
e culturale - ovvero con l’iscrizione nell’albo dei commercialisti ed esperti
contabili, nell’elenco dei pubblicisti, nel registro dei revisori contabili o
nell’albo dei consulenti del lavoro (ad. 18, comma primo lett. a).
Essendo
noto a tutti quanto sia frequente che un avvocato accetti la nomina quale
amministratore di condominio, appare davvero utile comunicare la presa di
posizione dell’Ufficio del Consiglio Nazionale Forense, così come appare del
tutto necessario ricordare che non è la prima volta che la questione si pone e
che non sarebbe la prima volta neppure per rilevare che dopo iniziali
perplessità l’esercizio della professione di amministratore sia stato ammesso
anche per gli avvocati.
È
opportuno quindi attendere gli indispensabili chiarimenti, che potranno
pervenire ad una radicale rivisitazione del problema (non impensabile, ove si
pensi che la riforma forense probabilmente aveva di vista altro genere di
attività e non quella di amministratore), od anche essere di più limitato
respiro, ad esempio consentendo l’accettazione di incarichi purché in numero
molto esiguo.
Per
certo, la risposta alla “domanda più frequente” è servita per verificare in
concreto (attraverso l’enorme quantità di e.mail subito pervenute) quanto siano
numerosi gli avvocati che accettano la nomina quale amministratore di
condominio.
Il
problema è grande, quindi, così come grande è la confusione che rischia di
ingenerarsi.
Ovviamente,
occorrerà attendere che siano emanati provvedimenti giurisdizionali e che le
decisioni del giudice competente faccia chiarezza.
Intanto,
appare opportuno evidenziare che la legge n.4, sulle professioni non
organizzate in albi o collegi, sembra dovere incidere sul problema.
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Nazionale
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Si sottolinea che la legge 4/2013 è successiva ratione
temporis rispetto alla Riforma forense e quindi in grado è di comportarne
valida modifica.
La riforma forense reca il n. 247 del 31 dicembre 2012,
mentre ora ci si occupa della legge posteriore, n. 4 del 2013.
La nuova normativa dispone:
“Ai professionisti di cui all'articolo 1, comma 2, anche se
iscritti alle associazioni di cui al presente articolo, non è consentito
l'esercizio delle attività professionali riservate dalla legge a specifiche
categorie di soggetti, salvo il caso in cui dimostrino il possesso dei
requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo professionale”.
Quindi, sarebbe consentito a chi possa dimostrare il
possesso dei requisiti previsti dalla legge e l'iscrizione al relativo albo
professionale e quindi a chi siano iscritto all’albo degli Avvocati di
diventare uno dei professionisti di cui all'articolo 1, comma 2, delle legge 4
del 2013.
La legge successiva, quindi, potrebbe rendere possibile
quanto la legge approvata pochi giorni prima avrebbe vietato, secondo
interpretazione peraltro tutta quanta da verificare.
Anche nel caso di specie insorge un ginepraio del quale
nessuno può sentire il bisogno e che (ove non sia immediatamente dipanato)
potrà lasciare quali vittime sul terreno non soltanto alcuni professionisti ma
anche la certezza del diritto.
Eugenio Antonio Correale
Roma, 15 febbraio 2013