venerdì 21 dicembre 2012

Il locale per la portineria può essere di proprietà esclusiva e specificamente destinato al servizio di portierato

Ci sono parti dell’edificio che, ai sensi dell’art. 1117 c.c., devono considerarsi di proprietà comune. La norma appena citata fa salvo il diverso contenuto del titolo.
Con questo termine s’intende fare riferimento agli atti d’acquisto o al regolamento contrattuale debitamente trascritto presso la conservatoria dei pubblici registri immobiliari. Ci sono parti comuni che, per la loro particolare conformazione sono utilizzabili individualmente; si pensi al locale per le assemblee o all’alloggio del portiere.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale “ le parti dell'edificio condominiale (locali per la portineria e l'alloggio del portiere), indicate nell'art.1117 n.2 c.c. sono, a differenza dei beni descritti ai n.ri 1 e 3 del citato art.1117 c.c., suscettibili di utilizzazione individuale, in quanto la loro destinazione al servizio collettivo dei condomini non si pone in termini di assoluta necessità. Pertanto, occorre accertare nei singoli casi se l'atto, che li sottrae alla presunzione di proprietà comune, contenga anche la risoluzione o il mantenimento del vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, configurandosi, nel secondo caso, l'esistenza di un vincolo obbligatorio propter rem fondato su una limitazione del diritto del proprietario, che è suscettibile di trasmissione in favore dei successivi acquirenti dei singoli appartamenti anche in mancanza di trascrizione (Cass. 4435/2001; 5167/1986)” (Cass. n. 6474/2005). La dottrina ha ben specificato, anche sulla scorta delle pronunce giurisprudenziali in merito, che “ la caratteristica delle obbligazioni propter rem sta nel fatto che il rapporto
obbligatorio ha sempre per contenuto un facere o un non facere, ma la posizione del debitore e` ricollegata ad un diritto reale, per cui il soggetto passivo e` individuato in colui che risulti titolare della proprieta` o di altro diritto reale di godimento” (Caringella – De Marzo, Manuale di diritto civile, Giuffrè, 2007).
Nel momento in cui si accerta l’esistenza di un’obbligazione propter rem – ad esempio alloggio portineria di proprietà esclusiva ma specificamente riservato all’utilizzo del portiere in costanza di servizio – tale vincolo non può essere escluso dal fatto che per l’utilizzazione di quella parte dell’edificio venga corrisposto un corrispettivo. In questo senso, recentemente, la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di osservare che " in linea di principio va affermato che in presenza di una obbligazione propter rem il c.d. corrispettivo è irrilevante al fine di escludere la sussistenza di una tale obbligazione che costituisce, comunque, un vincolo di destinazione al bene ed è insensibile, pertanto, ad ogni connotazione economica, essendo esso caratterizzato dalla situazione giuridica del bene stesse, del quale segue le vicende nel corso del tempo, a meno che non risulti dismesso per espressa e ritualmente redatta volontà delle parti. Circostanza questa che, come detto, non è risultata provata" (Cass. 26 ottobre 2012, n. 18501).
In sostanza chi ha una proprietà gravata da un vincolo del genere può stare certo di avere un grosso peso da tenere in considerazione.

Alessandro Gallucci www.condominioweb.it

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mercoledì 19 dicembre 2012

Alberi in condominio: le autorizzazioni per l'abbattimento


L'Ambiente e il Diritto, Valentina Vattani - Per poter abbattere gli alberi presenti nelle aree condominiali per far posto, ad esempio, a nuovi posti auto o per realizzare altre infrastrutture è necessario, comunque, tenere conto delle prescrizioni di ordinanze o di regolamenti comunali che regolano la materia, nonché è necessario il consenso di
tutti i condomini. 
Su quest’ultimo aspetto la giurisprudenza si è espressa, in merito, ritenendo che: l’abbattimento di alberi costituisce invero distruzione di un bene comune e pertanto
innovazione vietata ai sensi dell’art. 1121, 2° c. c.c., e richiedente, in quanto tale, il consenso unanime di tutti i partecipanti al condominio” (così Corte d’Appello di Roma, Sezione 4 civile, sentenza del 6 febbraio 2008, n. 478). La delibera a sola maggioranza che prevede lo sradicamento degli alberi condominiali è dunque nulla ed impugnabile in ogni tempo. 
Altro caso, invece, è quello in cui la pianta risulti irrimediabilmente malata e/o possa  rappresentare un concreto pericolo per l’incolumità pubblica. In tali ipotesi, per il taglio degli alberi, il condominio può deliberare a maggioranza.A ogni modo, per procedere all’abbattimento di alberi ad alto fusto sarà necessario espletare una perizia che attesti la necessità del taglio per le ragioni di pericolo o per i motivi legati alla salute della pianta e presentare poi tale documentazione ai competenti uffici comunali per il rilascio dell’autorizzazione.

www.dirittoambiente.net 


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martedì 18 dicembre 2012

Condominio: onere di preventiva informativa all’amministratore delle opere su parti di proprietà o a uso individuale

La legge di riforma del condominio, in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, nel rimodulare la normativa codicistica, è intervenuta anche sull’art. 1122 c.c., modificandone innanzitutto la rubrica in coerenza con il nuovo contenuto della disposizione. 
La precedente versione della norma, rubricata «Opere sulle parti dell’edificio di proprietà comune» attribuiva a ciascun condòmino la facoltà di eseguire, all’interno della porzione di piano di sua proprietà, tutte le opere di riparazione, miglioria o trasformazione che gli convenissero, comprese quelle finalizzate al mutamento della destinazione d’uso, purché non recassero nocumento alle parti comuni dell’edificio. Nel rispetto di tale limite, le opere potevano eseguirsi senza che il condòmino necessitasse di preventiva autorizzazione dell’assemblea.
Il novellato art. 1122 c.c., ora rubricato «Opere su parti di proprietà o uso individuale», ribadendo il principio riportato dalla precedente formulazione, ne amplia considerevolmente i contenuti e la portata: lo spazio fisico entro il quale si collocano i lavori non è più circoscritto al piano o alla porzione di piano di proprietà esclusiva (ovvero le singole unità, es. appartamenti, uffici, negozi ecc.) ma si allarga fino a ricomprendere le parti normalmente destinate all’uso comune che siano state attribuite al condòmino in proprietà esclusiva o destinate all’uso individuale. Sotto altro profilo, il disposto testuale della rinnovata norma riprende i divieti, riferiti ai possibili pregiudizi arrecabili all’edificio, contemplati, in materia di innovazioni, nel comma 2 dell’art. 1120 c.c. Ad essere vietate sono le opere dalle quali derivi danno alle parti comuni ovvero pregiudizio alla stabilità, alla sicurezza o al decoro architettonico dell’edificio. Infine, ed è questa la parte più  innovativa della disciplina, si pone a carico del condòmino che abbia interesse ad  intraprendere i lavori un onere di preventiva informativa all’amministratore, il quale deve a sua volta riferirne all’assemblea. Tuttavia non è prevista alcuna autorizzazione o  approvazione da parte dell’organo assembleare, trattandosi pur sempre di opere eseguite su parti esclusive (per proprietà o per diritto d’uso) del condominio. È interessante  osservare, da ultimo, come nella versione della riforma originariamente approvata dal Senato, l’art. 1222 contemplava un nuovo terzo comma volto a prevedere la possibilità da  parte dell’amministratore di rivolgersi, previa diffida, all’autorità giudiziaria, qualora  mancassero dettagliate informazioni sul contenuto specifico e sulle modalità di esecuzione delle opere da intraprendersi. Rispetto al testo licenziamento dalla Senato, la Camera ha però espunto detta previsione, ritenuta eccessiva per il gravoso onere posto a carico dell’amministratore e per il grado di invasività nella sfera individuale dei singoli condomini.

Anna Costagliola www.diritto.it

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lunedì 17 dicembre 2012

Più chiarezza sulle parti comuni

La riforma del condominio aumenta l'elenco delle parti comuni dell'edificio, fornendone  una definizione più articolata ed esprimendo nel contempo, con l'uso di espressioni di contenuto più ampio, una volontà di considerare comune tutto ciò che può essere utile a soddisfare gli interessi dell'intera collettività condominiale.
Non si parla più di acquedotti, di fognature o di impianti dell'acqua o del gas o del riscaldamento, ma di «impianti idrici e fognari», e di interi «sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento e il condizionamento dell'aria e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo».
Così da definire in modo diverso e in maniera decisamente di più respiro, rispetto al testo precedente, gli impianti che ricadono tra le parti comuni. Impianti centralizzati dunque che sono da considerarsi comuni fino al punto di utenza, vale a dire, secondo la forse più  restrittiva espressione usata nel vecchio testo, fino al punto della loro diramazione ai locali  di proprietà esclusiva, salvo diversa previsione dettata dalla normativa di settore in tema di  reti pubbliche di distribuzione. 
L'integrata elencazione delle parti comuni chiarisce ancor più il concetto stesso di condominio, vale a dire della necessaria coesistenza di proprietà esclusive e di proprietà in comunione tra tutti i partecipanti al condominio. In altri termini, ciò che costituisce il  condominio è proprio la peculiare situazione in cui si trovano due o più proprietà individuali al cui servizio sono posti altri beni e servizi indispensabili all'uso e al godimento delle porzioni esclusive da parte di tutti i condomini.
La presunzione di proprietà comune dei proprietari delle singole unità continua anche con la riforma a non operare per quelle parti che espressamente siano escluse dal novero delle parti comuni da un "titolo", ossia dall'atto con cui l'originario unico proprietario, sia esso l'impresa costruttrice o la singola persona, procede alla vendita della prima unità immobiliare.
L'assoluta novità della riforma consiste però nell'aver precisato che la proprietà comune dei beni elencati sussiste anche tra i proprietari «aventi diritto a godimento periodico» dell'unità immobiliare sita nell'edificio. Il riferimento è senza dubbio diretto alle multiproprietà, cioè al caso in cui a un soggetto viene riconosciuto un diritto di godimento turnario ed esclusivo su un bene immobile ben determinato per uno o più periodi  dell'anno. Il nuovo articolo 1117, Codice civile, continua a individuare, attraverso una elencazione non tassativa, i beni che sono presuntivamente di proprietà e di godimento comune.
L'elenco è meramente esemplificativo: compaiono, tra le parti dell'edificio necessarie  all'uso comune e a integrazione della formulazione vigente, i pilastri e le travi portanti. Parimenti dicasi per la facciata, anch'essa nuova entrata nell'elencazione ed  espressamente indicata come tale nel testo riformulato. Restano incluse le aree destinate a parcheggio, senza peraltro una particolare motivazione rispetto al generale principio ispiratore della norma, che conferma infatti di considerare comuni tutti gli spazi e i locali utili per fornire servizi alla collettività dei condomini. Novità invece per i sottotetti, che sono considerati comuni qualora, per le loro caratteristiche strutturali e funzionali, siano  destinati a un uso a vantaggio di tutti i condomini.
Viene ulteriormente garantita la destinazione d'uso delle parti comuni, modificabile solo dall'assemblea con una elevatissima maggioranza (quattro quinti delle teste e dei millesimi), sempre che il mutamento avvenga per soddisfare un interesse comune a tutti i condomini. Vietato anche al singolo condomino di svolgere qualsiasi attività che possa pregiudicarla, perché in tal caso qualsiasi condomino oltre all'amministratore possono diffidarlo per fare cessare la violazione e in ultima analisi interviene il giudice: si pensi a un arbitrario parcheggio di motocicli o di autoveicoli negli spazi comuni o un ingombro dei pianerottoli a proprio uso esclusivo così da impedirne ad altri il pari uso. Spetta  comunque all'assemblea, in questo caso con una maggioranza più bassa (metà millesimi e almeno un terzo di teste), valutare se in concreto ci sia stata o meno violazione  dell'obbligo di rispetto della destinazione della parte comune.

Augusto Cirla www.ilsole24ore.com

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venerdì 14 dicembre 2012

Videosorveglianza e riforma del condominio

L’installazione di apparecchiature di videosorveglianza diventa, grazie alla riforma di Condominio, lecita a seguito di delibera assembleare. Le telecamere potranno essere installate su decisione dell’assemblea, con la maggioranza dei presenti e la metà del valore dello stabile.
La riforma introduce nel codice civile l’articolo 1122-ter dedicato agli impianti di videosorveglianza sulle parti comuni. L’amministratore di condominio, previa delibera assembleare, dovrà adottare tutte le cautele previste dal provvedimento generale del Garante della privacy in materia di videosorveglianza dell’8 aprile 2010.
Gli adempimenti risultano essere i seguenti: cartello informativo, stabilire tempi minimi di conservazione delle immagini (massimo 24 ore), individuare il personale che può visionare le immagini con atto di nomina di responsabile e incaricato del trattamento, chiedere al garante la verifica preliminare nei casi previsti dal provvedimento generale.
La mancata osservanza di tali adempimenti comporta responsabilità amministrative e penali, oltre che esporre a richieste di risarcimento da parte di eventuali soggetti danneggiati.
Si è risolto in tal senso la lacuna legislativa che la giurisprudenza non riusciva a colmare in maniera univoca. In alcuni casi la giurisprudenza di merito ha infatti escluso il potere condominiale di installare impianti di videosorveglianza, ritenendolo un comportamento violante il diritto alla riservatezza dei condomini. In altri, le sentenze intravedano la lesione del diritto alla riservatezza a seguito dell’installazione di apparecchiature che consentivano di osservare le scale o i pianerottoli comuni. La questione risultava, nell’ultima ipotesi, se
l’installazione dell’impianto di videosorveglianza trovasse il proprio soggetto “Titolare del trattamento” nell’assemblea dei condòmini, non potendo l’assemblea perseguire quella che è la tipica finalità di sicurezza del Titolare del trattamento che provveda ad installare un impianto di videosorveglianza.
Una seppur limitata apertura è stata fornita dalle sentenze che subordinavano  l’installazione di telecamere condominiali all’unanimità dei consensi. Il tribunale di Varese afferma in maniera efficace che il condominio è luogo di vita ed in tal senso i condòmini non possono sopportare (salvo consenso), ingerenze nella loro riservatezza, pacifico il fatto che la videosorveglianza possa essere sostituita da altri sistemi di protezione.
La giurisprudenza penale ha invece affrontato la punibilità ai sensi del reato di  interferenze illecite, affrontando il caso del singolo condomino che in assenza di preventiva delibera assembleare installasse a uso della propria sicurezza un impianto con fascio di captazione di immagini che si riversasse su aree comuni o anche su luoghi di proprietà di altri condòmini.
La Corte di Cassazione ha affermato che “non commette il reato di cui all’articolo 615-bis del codice penale il condomino che installi, per motivi di sicurezza, allo scopo di tutelarsi dall’intrusione di soggetti estranei, alcune telecamere per visionare le aree comuni  dell’edificiodell’edificio, anche se tali riprese sono effettuate contro la volontà dei condòmini” specie se i condòmini stessi siano “a conoscenza dell’esistenza delle telecamere” e possano “visionarne in ogni momento le riprese” e che queste ultime non siano “neppure idonee a cogliere di sorpresa gli altri condòmini in momenti in cui  possano credere di non essere osservati”.
Continua la Cassazione “La ripresa con una telecamera delle parti comuni non può pertanto in alcun modo ritenersi indebitamente invasiva della sfera privata dei condòmini, poiché l’esposizione alla vista di terzi di un’area che costituisce pertinenza domiciliare e che non è destinata a manifestazioni di vita privata esclusive è incompatibile con una tutela penale della riservatezza, anche ove risultasse che manifestazioni di vita privata in quell’area siano state in concreto, inaspettatamente, realizzate e perciò riprese”.
La confusione giurisprudenziale aveva già portato il Garante della Privacy a impartire le prime prescrizioni nel lontano 2000, riprese in seguito nel 2004 e nel 2010, in modo da dettare regole chiare e fornendo una distinzione tra riprese in ambito pubblico e privato
1) in merito all’installazione di telecamere ad iniziativa di singoli condòmini all’interno di edifici in condominio e loro pertinenze, il Garante ha precisato che l’impiego di tali  sistemi, pur non rientrando nell’ambito di applicazione delle disposizioni del Codice, a meno che i dati siano comunicati sistematicamente o diffusi, richiede comunque l’adozione di cautele a tutela dei terzi 
2) Il Garante ha richiesto la valutazione di proporzionalità, da effettuare in rapporto ad altre misure già adottate o che è possibile adottare (come sistemi comuni di allarme o protezione rinforzata di porte, portoni, cancelli automatici).
3) Strumenti di videosorveglianza quali i videocitofoni non sono soggetti alla disciplina del Codice qualora i dati non siamo comunicati o diffusi. Al fine di evitare di incorrere nel reato di interferenza illecita nella vita privata, l’angolo delle riprese deve comunque essere limitato ai soli spazi di propria pertinenza

Donatella Chiomento http://mediazione.studilegali.it/

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giovedì 13 dicembre 2012

Imu, il saldo si potrà pagare anche alla posta

A dicembre si potrà pagare il saldo Imu con un bollettino di conto corrente postale. Magra soddisfazione, però almeno per i molti contribuenti forzati a compilare l'F24, lo scorso giugno, ritorna possibile utilizzare qualcosa di molto simile al vecchio bollettino Ici. E per parecchi l'F24 aveva rappresentato un ulteriore ostacolo, che era stato superato solo con l'affidamento a un professionista.
Il «Sole 24 Ore» aveva anticipato già il 5 ottobre i contenuti della bozza del decreto dell' Economia, firmato il 23 novembre e pubblicato sul sito del dipartimento delle Finanze (www.finanze.it): non ci sono molte sorprese ma si può dire almeno che è stato  predisposto per tempo.
La compilazione parte dal centro, con l'indicazione dei dati anagrafici (codice fiscale, nome e cognome, data e luogo di nascita). Nella riga sopra, però, va trascritto il codice
catastale del Comune (il dato è già stato usato per l'acconto). Sotto, poi, si indicano i dati dei versamenti relativi alle quattro tipologie immobiliari ammesse: abitazione principale, fabbricati rurali, terreni agricoli, aree fabbricabili e altri fabbricati. Nel vecchio bollettino Ici mancava la voce "fabbricati rurali". Questa categoria, che per decenni è rimasta dimenticata, quest'anno ha meritato una voce specifica anche perché è legata alla scadenza del 30 novembre, entro la quale i fabbricati rurali ancora risultanti al catasto terreni dovranno essere censiti al catasto fabbricati, proprio per poter ricevere una rendita ed essere tassati Si può pagare anche in via telematica, tramite il servizio
gestito da Poste Italiane. Con la conferma di avvenuta operazione, il contribuente riceve l'immagine virtuale del bollettino conforme al modello, oppure una comunicazione in formato testo contenente tutti i dati identificativi del bollettino e del bollo virtuale di accettazione. Queste sono le prove del pagamento e vanno conservate (anche se Poste Italiane conserverà le immagini dei bollettini di versamento).
Si noti che il conto corrente è unico (1008857615), quindi non ci sarà la confusione che caratterizzava i pagamenti dell'Ici; inoltre quel conto corrrente non sarà utilizzabile per pagare l'Imu con bonifico bancario. Infatti Poste Italiane versa tutto l'incasso sulla  contabilità speciale n. 1777 «Agenzia delle Entrate - Fondi della riscossione», aperta presso la Banca d'Italia e trasmette alla Struttura di gestione (di cui al Dlgs 241/97) i dati analitici indicati nei bollettini (codice fiscale, codice catastale del Comune importi e indicazioni specifiche).
La Struttura di gestione accredita ai Comuni le somme spettanti e trasmette  telematicamente le informazioni ricevute, con cadenza settimanale. Ma dove si potranno reperire i bollettini? Poste Italiane provvederà a stamparli, assicurandone la disponibilità
preso gli uffici postali, proprio come avveniva con l'Ici. I Comuni potranno comunque chiedere a Posta Italiane l'integrazione dei bollettino facendoli prestampare con gli
importi dei tributi e i dati del contribuente.

di Saverio Fossati con un articolo di Cristiano Dell'Oste www.ilsole24ore.com

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Modello dichiarazione Imu 2012: guida alla compilazione


Dichiarazione Imu 2012: scadenza al 4 febbraio 2013 Dopo l’ulteriore rinvio, il termine ultimo per presentare la dichiarazione Imu slitta di tre mesi dalla data di pubblicazione del modello in Gazzetta Ufficiale (5 novembre 2012). Professionisti, CAF e contribuenti hanno
quindi altri tre mesi per capire le istruzioni ed evitare errori. Vediamo quindi passo per  passo le istruzioni per la compilazione. Va premesso che ogni modulo è stampato in 
due esemplari: uno rimarrà al contribuente e uno va consegnato..
Modello dichiarazione Imu 2012: il frontespizio e il Quadro contribuente
Nella prima facciata del modello di dichiarazione Imu vanno inserite le generalità del contribuente e l’indicazione del Comune destinatario. Nel frontespizio va inserita l’indicazione del comune. Nel quadro contribuente, che vale sia per le persone fisiche che giuridiche, vanno inseriti: 
- dati identificativi del soggetto passivo IMU. Se si risiede all’estero nello spazio riservato al domicilio fiscale bisogna inserire lo Stato in cui si vive e l’indirizzo.
Se a fare la compilazione è un amministratore di condominio per le parti in comune in questo quadro andranno indicati codice fiscale e indirizzo del condominio.
Modello dichiarazione Imu 2012: il quadro Dichiarante
Il quadro in questione va compilato solo se chi presenta la dichiarazione è un soggetto diverso dal contribuente passivo (rappresentante legale, amministratore condominiale, liquidatore etc).



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mercoledì 12 dicembre 2012

Il verde condominiale diventa un parcheggio: non è un’innovazione


Ai fini della qualificazione dell’opera come innovazione, deve aversi riguardo anche alla effettiva rilevanza ed apprezzabilità della modificazione che essa produce (Cassazione, sentenza 11177/12).
Il caso. L’assemblea di condominio, con maggioranza semplice e non all’unanimità, aveva deciso di destinare uno spazio comune a parcheggio di autovetture, così modificandone la sua destinazione a verde. La delibera veniva impugnata da un condomino, ma i giudici di merito ritenevano che l’intervento non costituisse una innovazione vietata dall’art. 1120 c.c..
Si tratta di innovazione? Secondo il condomino ricorrente per cassazione, l’eliminazione della porzione di verde condominiale, anche nella più limitata misura riconosciuta dal giudicante, avrebbe dovuto portare a ritenere illegittima l’innovazione.
Se la modifica è rilevante. La Corte di Cassazione, dal canto suo, precisa che «ai fini della qualificazione dell’opera come innovazione, deve aversi riguardo anche alla effettiva rilevanza ed apprezzabilità della modificazione che essa produce, che lo ha condotto ad escludere, nel caso di specie, “attesa la pochezza dell’intervento”, i presupposti stessi dell’innovazione». Pertanto, il ricorso viene respinto




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Riforma del Condominio, i sottotetti diventano parti comuni


I sottotetti diventano a tutti gli effetti parti comuni del condominio. A stabilirlo è il nuovo art. 1117 del codice civile, modificato dalla Riforma del Condominio approvata in Senato la scorsa settimana e in attesa della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. Anche i pilastri e le travi portanti dell’edificio saranno, d’ora in poi, considerate parti comuni.
Il nuovo art. 1117 del codice civile individua come proprietà comuni dei condomini, anche se aventi diritto a godimento periodico (e se non risulta il contrario dal titolo) le seguenti parti: il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate. A questo elenco, come detto, andranno aggiunti anche i pilastri e le travi portanti.
Ma la Riforma del Condominio indica come parti comuni anche i “sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all’uso comune“. Rimangono sempre parti comuni anche le aree destinate a parcheggio e i locali per i servizi comuni (lavanderia, stenditoi, portineria e alloggio del custode). Non cambia nulla per le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all’uso comune come ascensori, impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati per la distribuzione del gas, l’energia elettrica, il riscaldamento e la ricezione radiotelevisiva.
Maggior tutela delle destinazioni d’uso della parti comuni La Riforma del Condominio introduce anche una maggiore tutela delle destinazioni d’uso delle parti comuni. Viene infatti aggiunto al codice civile l’articolo 1117-quater che recita così: “in caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d’uso delle parti comuni, l’amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l’esecutore e possono chiedere la convocazione dell’assemblea per fare cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie.
L’assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma”.

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lunedì 3 dicembre 2012

Riforma condominio: la nuova figura dell’amministratore


Dopo un lunghissimo e travagliato iter parlamentare è finalmente diventata legge, con la definitiva approvazione da parte del Senato il 20 novembre 2012, attesissima riforma del condominio, autentica «svolta storica» all’interno del nostro ordinamento civilistico, perché da oltre settant’anni le norme condominiali aspettavano di essere rivedute e modificate.
I punti più qualificanti riguardano, naturalmente, la figura dell’amministratore, fulcro dell’intero sistema. Il ruolo dell’amministratore, all’interno e all’esterno di quel «microcosmo» che è il fabbricato condominiale,e fondamentale: con l’andar del tempo l’attività di gestione che egli è chiamato a svolgere è divenuta sempre più complessa, arricchendosi di adempimenti burocratici, doveri fiscali, responsabilità civili e penali, tant’è che è invalso l’uso di affidare a professionisti esterni, specificamente preparati, la gestione amministrativa condominiale, nell’acquisita consapevolezza che ormai essa non può più essere tenuta dal condòmino più capace o semplicemente più disponibile a farsene carico, il quale, per quanto diligente possa essere nell’espletamento dell’incarico, ben difficilmente è in possesso delle conoscenze che attualmente necessitano per lo svolgimento di questa attività.
Ciò spiega perché il legislatore, a tanti anni di distanza dall’entrata in vigore del codice civile, abbia avvertito la necessità di «professionalizzare» la figura, definendone con chiarezza i poteri, i doveri e le responsabilità, e prevedere allo stesso tempo un’adeguata tutela dei diritti dei condòmini e dei terzi.
L’articolo 9 della legge di riforma, nel sostituire l’art. 1129 del codice civile, stabilisce puntualmente gli obblighi dell’amministratore, non previsti dalla precedente normativa. Questi tra i principali: 
a) necessità di fornire ai condòmini, al momento della nomina, oltre ai propri dati anagrafici, una serie di ulteriori dati e strumenti di pubblicità per consentire la valutazione delle sue qualifiche e del suo operato; 
b) tenuta del registro dei verbali di assemblea e di nomina e revoca dell’amministratore, nonché del registro di contabilità;
c) obbligo, su richiesta dell’assemblea, di stipulare, a carico dei condòmini, una polizza individuale di assicurazione per la responsabilità civile per gli atti compiuti nell’esercizio del mandato; là dove, nel periodo del suo incarico, l’assemblea deliberi lavori straordinari, l’amministratore è tenuto ad adeguare i massimali della polizza all’importo di tali lavori. A tutela dei condòmini è poi previsto che, qualora l’amministratore fosse titolare di una polizza generale, questa debba essere integrata con una dichiarazione dell’impresa di assicurazione che garantisca per lo specifico condominio le medesime condizioni previste la polizza individuale;
d) obbligo di far transitare le somme ricevute a qualunque titolo dai condòmini o dai terzi, nonché quelle a qualsiasi titolo erogate per conto del condominio, su uno specifico conto corrente, postale o bancario, intestato al condominio.
Ciascun condòmino, per il tramite dell’amministratore, può chiedere di prendere visione ed estrarre copia, a proprie spese, della rendicontazione periodica. La previsione, recependo un orientamento già consolidato in giurisprudenza, risponde ad un’esigenza di trasparenza e di informazione, in modo che ciascun condòmino possa costantemente verificare la destinazione dei propri esborsi, nonché ad un’esigenza di chiarezza e di facile comprensibilità dell’intera gestione condominiale; 
e) obbligo di eseguire prontamente il c.d. passaggio di consegne» nel caso di cessazione dall’incarico (a qualsiasi titolo), e, sempre in tal caso, l’ulteriore obbligo di porre in essere le attività «urgenti», il tutto senza pretendere compensi aggiuntivi;
f) dovere di provvedere (salvo espressa dispensa dell’assemblea) alla riscossione forzosa dei crediti condominiali entro 6 mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso; 
g) dovere, a pena di nullità della nomina, che all’atto dell’accettazione dell’incarico, di indicare con precisione ed univocità l’importo del relativo compenso;
h) obbligo di affissione sul fabbricato amministrato (in posizione visibile) della cd. «targa» dell’amministratore che garantisca la sua individuazione pubblica, con l’implicita finalità di renderlo prontamente contattabile in caso di necessità. Detto obbligo è esteso anche al singolo condomino incaricato di attività di gestione nel caso di mancanza di un formale amministratore; Ulteriori obblighi a carico dell’amministratore di condominio attengono al dovere il dovere di fornire al singolo condomino che ne faccia richiesta le opportune attestazioni in ordine allo stato dei pagamenti e delle pendenze giudiziali, all’esecuzione degli adempimenti fiscali (art. 10), alla convocazione annuale dell’assemblea per la presentazione del rendiconto (art. 10), al dovere di redigere il rendiconto con le indicazioni delle voci di entrata e di uscita e di ogni altro dato inerente alla situazione patrimoniale del condominio, nonché al dovere di tenere la contabilità secondo precisi criteri (art. 11). Specifici requisiti soggettivi sono poi prescritti dal nuovo art. 71bis disp. att. c.c. In particolare, potranno svolgere l’attività di amministratore di condominio coloro: 
a) che abbiano il godimento dei diritti civili;
b) che non siano stati condannati per delitti contro la pubblica amministrazione, l’amministrazione della giustizia, la fede pubblica, il patrimonio e per ogni altro delitto non colposo per il quale la legge commini la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a 2 anni e, nel massimo, a 5 anni;
c) che non siano stati sottoposti a misure di prevenzione divenute divenute definitive, salvo che non sia intervenuta la riabilitazione;
d) che non siano interdetti o inabilitati;
e) il cui nome non risulti annotato nell’elenco dei protesti cambiari;
f) che abbiano conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado;
g) che abbiano frequentato un corso di formazione iniziale e svolgano attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale.
Qualora l’amministratore venga nominato tra i condòmini dello stabile i requisiti di cui alle lettere f) e g) non saranno necessari. Non occorrerà, dunque, né il diploma di scuola secondaria di secondo grado, né aver frequentato un corso di formazione iniziale, né svolgere attività di formazione periodica in materia di amministrazione condominiale. A quanti, poi, hanno svolto attività di amministrazione di condominio per almeno 1 anno nell’arco dei 3 anni
precedenti alla data di entrata in vigore della riforma della disciplina condominiale, sarà consentito lo svolgimento dell’attività di amministratore anche in mancanza dei requisiti di cui alle lettere f) e g); resta salvo l’obbligo di formazione periodica. Per tali soggetti non saranno
richiesti, dunque, né il diploma di scuola secondaria di secondo grado, né l’aver frequentato un corso di formazione iniziale.
L’incarico di amministratore di condominio può essere assolto anche dalle società di cui al Titolo V del Libro V del codice civile (società semplici, società in nome collettivo, società in accomandita semplice, le società per azioni, le società in accomandita per azioni, le società a
responsabilità limitata). In questi casi, i requisiti devono essere posseduti dai soci illimitatamente responsabili, dagli amministratori e dai dipendenti incaricati di svolgere le funzioni di amministrazione dei condominii a favore dei quali le società prestano i servizi.


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mercoledì 28 novembre 2012

Abbattimento barriere architettoniche in condominio


La situazione è la seguente: all’ingresso del condominio, per accedere al portone comune, è presente un gradino alto circa 20 cm. Uno dei condomini, riconosciuto invalido all’80%, purtroppo non è in grado di salire e scendere il gradino e più volte è caduto proprio in questo punto. Chiede dunque all’Assemblea condominiale il permesso di modificarlo, così da poter entrare ed uscire dall’edificio senza preoccupazioni ed in modo più agevole. La modifica viene negata dall’Assemblea per non deturpare l’estetica del condominio, che, viene specificato dal richiedente, non possiede caratteristiche storiche o di particolare pregio. La persona in difficoltà domanda allora se è possibile risolvere il problema in modo legale, imponendo il lavoro anche ai condòmini contrari, e, in caso di opere, chiede anche se ha diritto a qualche agevolazione fiscale.
Normativa sulle barriere architettoniche in condominio
Le opere mirate al superamento delle barriere architettoniche sono soggette a deliberazione condominiale. Il legislatore, per favorirne la realizzazione, ne ha abbassato il quorum per l’approvazione ed in caso di delibera la spesa dell’intervento su parti comuni viene ripartita in base ai millesimi di proprietà, così come previsto dal Codice Civile. In tal caso la spesa ricadrebbe anche su coloro che hanno espresso parere negativo.
Fortunatamente l’art.2 della Legge 13 del 9 gennaio 1989 tutela il disabile in situazioni di completo disinteresse da parte del condominio. L'articolo citato prevede che, qualora il condominio rifiuti di assumere, o non assuma entro tre mesi dalla richiesta fatta per iscritto, tale deliberazione, il disabile possa installare, a proprie speseservoscala o strutture mobili e facilmente rimovibili. La ratio della legge è permettere ai disabili di accedere a qualsiasi edificio per svolgere tutte le funzioni proprie della loro vita cercando di eliminare qualsiasi genere di discriminazione. Infatti la possibilità di accesso allo stabile da parte di chiunque travalica il diritto di proprietà. 
D’altro canto la legge si interseca anche con la normativa sul condominio e pertanto sulle parti comuni viene consentito un intervento limitato (strutture mobili o facilmente rimovibili), in modo da non ledere il diritto di proprietà degli altri condomini, che è sancito dalla Costituzione.
A causa dell’accollamento totale delle spese da parte del disabile, talvolta l’articolo citato non viene sfruttato come si spererebbe. Infatti, nonostante la possibilità di accedere ad agevolazioni fiscali e ad un’aliquota IVA ridotta, può capitare che qualcuno sia costretto a rinunciare all’intervento proprio per ragioni di carattere economico. Questi casi rendono purtroppo la legge insufficiente.
Soluzione del caso specifico presentatosi in condominio
In virtù delle considerazioni fatte, nella situazione in esame, dopo aver avuto parere negativo dall’Assemblea condominiale, ritengo sia facoltà della persona invalida intervenire  accollandosi tutte le spese. E’ tuttavia necessario, per rispettare la legge, che la modifica apportata sia una struttura mobile o facilmente rimovibile
Bisogna dunque fare attenzione a non modificare irreversibilmente il gradino esistente. Meglio invece applicarvi una struttura di carattere più temporaneo, come ad esempio una rampa in legno ben ancorata o qualsiasi altra struttura idonea. Per capire quale sia la soluzione migliore bisognerebbe vedere la situazione nello specifico. 
Detrazioni fiscali per l'eliminazione delle barriere architettoniche in condominio L’intervento in esame può usufruire della detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie (il 50% per intenderci). Infatti questa detrazione fa rientrare nelle opere agevolabili anche quelle mirate all’abbattimento delle barriere architettoniche. L’unica condizione è che l’intervento risulti conforme alle prescrizioni tecniche previste dalla legge. Ciò significa che l’eventuale rampa in legno (o altra struttura che un tecnico competente sarà in grado di suggerire) dovrà rispettare tutti i requisiti per essere utilizzata da un disabile. Una volta effettuato l’intervento, per accedere alla detrazione fiscale bisognerà pagare la fattura con apposito bonifico bancario (da richiedere allo sportello della banca) e successivamente conservare la fattura e la  ricevuta di pagamento, oltre che eventuali permessi comunali comunicazione ASL quando necessari.
I documenti relativi ai pagamenti (fattura e ricevuta del bonifico) dovranno poi essere  consegnati al commercialista, che provvederà a tutti gli adempimenti per la detrazione fiscale in sede di dichiarazione dei redditi. Successivamente i documenti andranno riconsegnati al proprietario in modo da averli a disposizione, insieme agli altri, ed esibirli in occasione di eventuali controlli dell’Agenzia delle Entrate.
Arch. Sara Martinelli www.lavorincasa.it

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martedì 27 novembre 2012

Tubi non sigillati e conseguenti perdite d’acqua, il condominio non paga l’appaltatore


Se l’opera eseguita dall’appaltatore presenta vizi e difformità, è sufficiente che il committente eccepisca tali vizi, non essendo tenuto a domandare la risoluzione del contratto. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 18091/12.
Un condominio incarica una società per l’esecuzione di lavori risanamento della fognatura condominiale. In seguito, però, l’officina meccanica sita nel seminterrato dell’immobile ottiene dalla società appaltatrice – terza chiamata nel giudizio di primo grado – una somma a titolo di risarcimento, per i danni subiti in conseguenza delle infiltrazioni nel seminterrato di acque di scarico provenienti dalla tubazioni condominiali. Viene, invece, rigettata la domanda proposta dalla società , che chiedeva il pagamento da parte del condominio del saldo della somma dovuta per i lavori eseguiti. La Corte d’appello, adita dalla società, stabilisce poi che il  condominio in effetti sia debitore del corrispettivo non ancora versato per le opere prestate dall’appaltatrice. Opposizione al pagamento: quale domanda? Nel ricorso per cassazione risolto dalla sentenza in commento il condominio lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 5 del codice di rito, formulando il seguente quesito: l’opposizione alla domanda di pagamento del prezzo dell’appalto deve essere necessariamente sostenuta da  una domanda di risoluzione del contratto oppure è sufficiente esperire una domanda di garanzia dei vizi?
Eccepire il vizio è sufficiente. La Suprema Corte, che accoglie il ricorso, censura la sentenza impugnata che non aveva tenuto conto - nel decidere sull’entità del corrispettivo dovuto per l’esecuzione dei lavori – dell’eccezione proposta dal condominio, ossia la responsabilità per inadempimento dell’appaltatore.
Risulta, infatti, che la società nell’eseguire i lavori aveva omesso di sigillare le tubazioni. In simili casi il committente, prosegue il Collegio, può «al fine di paralizzare la pretesa avversaria, opporre in via di eccezione le difformità e i vizi dell’opera», senza che sia necessaria la proposizione, in via riconvenzionale, di una domanda di risoluzione.
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