Se i danni lamentati dal singolo condomino sui beni
di proprietà esclusiva derivano da difettosa
realizzazione delle parti comuni dell'edificio, nei confronti del condomino è responsabile – in via autonoma in base all'articolo 2051 del Codice civile – il condominio.
Quest'ultimo, infatti, come custode, deve eliminare
le caratteristiche lesive insite nella cosa propria.
Lo ha ribadito la Cassazione che, con la
sentenza 17268/2012, ha affrontato il caso di due coniugi che,
per le infiltrazioni d'acqua nella loro cantina, avevano
chiesto al tribunale la condanna del condominio a eseguire le
opere necessarie per eliminare gli inconvenienti e a
risarcire i danni. La domanda del condomino, respinta dal
tribunale, è stata invece accolta dalla Corte d'appello, che ha condannato il condominio a eseguire le opere
descritte nella consulenza tecnica d'ufficio. La Corte ha infatti evidenziato che, pur avendo la Ctu appurato che a generare il danno erano stati i vizi di progettazione e di esecuzione imputabili al costruttore,
doveva comunque essere ravvisata la responsabilità del
condominio in base all'articolo 2051 del Codice civile: il
danno era stato causato non da un comportamento del
custode, ma dalla cosa in custodia; e la responsabilità era
superabile solo dalla prova liberatoria del superamento
della presunzione di colpa o del caso fortuito.
Non si tratta di una responsabilità a
titolo derivativo: il condominio, pur successore a titolo
particolare del costruttore-venditore, non subentra nella
sua personale responsabilità, legata alla sua attività
e fondata sull'articolo 1669 del Codice civile. Ma si tratta di
autonoma fonte di responsabilità in base all'articolo 2051
del Codice civile, che non preclude, però, al condominio la
possibilità di agire nei confronti della società
costruttrice in base all'articolo 1669 del Codice civile se
sussistano i presupposti.
Luana Tagliolini www.ilsole24ore.com
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