I principi appena
ricordati si coordinano con l'ulteriore dictum per cui "il proprietario o
condomino il quale realizzi un
manufatto in appoggio o in aderenza al muro in cui si apre una veduta diretta o obliqua esercitata da un
sovrastante balcone, e lo elevi sino alla soglia del balcone stesso, non è soggetto, rispetto a
questo, alle distanze prescritte dall'art. 907 c.c., comma 3, nel caso in cui
il manufatto sia contenuto
nello spazio volumetrico delimitato dalla proiezione verticale verso il basso della soglia predetta,
in modo da non limitare la veduta in avanti e a piombo del proprietario del piano di sopra. Infatti,
tra le normali facoltà attribuite al titolare della veduta diretta od obliqua esercitata da un balcone
è compresa quella di inspicere e prospicere in avanti e a piombo, ma non di sogguardare verso l'interno
della sottostante proprietà coperta dalla soglia del balcone, non potendo trovare tutela la
pretesa di esercitare la veduta con modalità abnormi e puramente intrusive,
ossia sporgendosi oltre misura
dalla ringhiera o dal parapetto. Peraltro, è la stessa norma dell'art. 907 cod. civ. ad aver operato il
bilanciamento con l'interesse, obiettivo, alla riservatezza, dando rilievo all'interesse alla
salvaguardia del diritto di veduta in ragione del suo contenuto che esprime un "valore
sociale", posto che luce ed aria assicurano l'igiene degli edifici
soddisfacendo bisogni elementari
di chi li abita.
Scritto
da Edoardo Riccio Centro Studi Anaci
seguici su twitter:@MAUROMGSAS
Nessun commento:
Posta un commento