martedì 27 novembre 2012

Tubi non sigillati e conseguenti perdite d’acqua, il condominio non paga l’appaltatore


Se l’opera eseguita dall’appaltatore presenta vizi e difformità, è sufficiente che il committente eccepisca tali vizi, non essendo tenuto a domandare la risoluzione del contratto. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza 18091/12.
Un condominio incarica una società per l’esecuzione di lavori risanamento della fognatura condominiale. In seguito, però, l’officina meccanica sita nel seminterrato dell’immobile ottiene dalla società appaltatrice – terza chiamata nel giudizio di primo grado – una somma a titolo di risarcimento, per i danni subiti in conseguenza delle infiltrazioni nel seminterrato di acque di scarico provenienti dalla tubazioni condominiali. Viene, invece, rigettata la domanda proposta dalla società , che chiedeva il pagamento da parte del condominio del saldo della somma dovuta per i lavori eseguiti. La Corte d’appello, adita dalla società, stabilisce poi che il  condominio in effetti sia debitore del corrispettivo non ancora versato per le opere prestate dall’appaltatrice. Opposizione al pagamento: quale domanda? Nel ricorso per cassazione risolto dalla sentenza in commento il condominio lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 5 del codice di rito, formulando il seguente quesito: l’opposizione alla domanda di pagamento del prezzo dell’appalto deve essere necessariamente sostenuta da  una domanda di risoluzione del contratto oppure è sufficiente esperire una domanda di garanzia dei vizi?
Eccepire il vizio è sufficiente. La Suprema Corte, che accoglie il ricorso, censura la sentenza impugnata che non aveva tenuto conto - nel decidere sull’entità del corrispettivo dovuto per l’esecuzione dei lavori – dell’eccezione proposta dal condominio, ossia la responsabilità per inadempimento dell’appaltatore.
Risulta, infatti, che la società nell’eseguire i lavori aveva omesso di sigillare le tubazioni. In simili casi il committente, prosegue il Collegio, può «al fine di paralizzare la pretesa avversaria, opporre in via di eccezione le difformità e i vizi dell’opera», senza che sia necessaria la proposizione, in via riconvenzionale, di una domanda di risoluzione.
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